Int. a E. Bonino - Sarà scambio di figure e controfigure
Emma Bonino, quali ripercussioni politiche ed economiche si stanno producendo in Europa e a livello internazionale a causa della drammatica situazione di stallo in cui si trova il governo italiano?
È evidente che la "drammatica situazione di stallo" in cui versa il nostro Paese produce ripercussioni politiche ed economiche gravissime. La stampa di tutto il mondo segue le nostre cronache con ironica avidità e l’opinione pubblica mondiale conosce come noi le vicende personali di Berlusconi. Ma il punto è un altro: ed è che la crisi italiana non dipende solo da Berlusconi, ha radici ben più profonde, di cui forse nel mondo, e persino in Italia, non si avverte tutta la pericolosità. È la crisi di un sistema politico ingessato nelle sue formule partitocratiche fin dall’immediato dopoguerra. Legalità, diritto, Costituzione sono stati violati e sostituiti con un sistema di norme, per le quali i partiti si sono omologati l’uno con l’altro, per cui il sistema italiano non solo non è bipartitico o bipolare ma è addirittura un sistema a "partito unico". Se anche Berlusconi venisse cacciato dal governo, non si realizzerebbe un’alternativa ma solo uno scambio nominale di figure e controfigure, incapaci di rimettere in piedi il Paese.
E, invece, passando alla politica estera di Berlusconi, quanto peso avranno le alleanze e i patti stipulati con l’alleato russo? Per esempio, sulla questione dei gasdotti, come valuta la "guerra" tra Nabucco sponsorizzato dalla Ue e dagli Usa e South Stream che vede la partecipazione dell’Eni con i russi di Gazprom?
La politica berlusconiana di rompere l’intesa e il dialogo con i Paesi dell’Europa per avviare una politica "monarchica" di accordi bilaterali con figure come Putin o Gheddafi ha dei risvolti non solo politici. Non si può avallare il potere antidemocratico di un Gheddafi senza calcolarne le conseguenze in termini di diritto ma solo di immediati ritorni economici. Una politica come questa getta discredito su chi la produce. Ma rende improbabile la presenza italiana, per esempio, in Europa, dove infatti il nostro Paese conta sempre meno e ha perso ogni capacità di influenzare le grandi decisioni. Sul piano politico ed economico l’abbandono italiano del Nabucco è davvero una preoccupante conseguenza
E a proposito della situazione nel Nord Africa, dopo la rivolta della Tunisia cosa pensa della politica italiana ed europea?
La questione della sponda Sud del Mediterraneo è una questione "europea". Un’autentica politica europea non può non tenere conto delle problematiche dei suoi confini meridionali, che devono ormai includere anche i Paesi della sponda africana e asiatica. Non solo in termini geografici o geopolitici ma anche di cultura e di valori. Se vogliamo davvero aiutare quei Paesi nel loro difficile cammino verso la democrazia dobbiamo assumerci responsabilità nei loro confronti ben precise. Noi siamo da sempre contro la difesa della "nazione-Stato" e a favore invece di strutture federaliste. Qualcosa di analogo va detto anche per la Turchia, che invece viene ogni giorno spinta verso l’assimilazione con il peggior nazionalismo panarabo e islamofilo.
Secondo l’ultimo rapporto Istat, in Italia un giovane su cinque né studia né lavora e una donna su due ha rinunciato a trovare un’occupazione. Un nodo, quest’ultimo, toccato da lei nell’incontro del 19 gennaio "Questione femminile, questione Italia".
Per quanto riguarda la condizione femminile, il nostro Paese è ultimo in Europa (Malta esclusa) in base a tutti i criteri: accesso al mercato del lavoro, carriere, differenza di stipendio; per non parlare dei diritti civili negati: dalla vicenda della legge "contro" la procreazione assistita alla Ru486. Tutto questo necessita, a parere mio e di Pari o Dispare (il Comitato contro la discriminazione delle donne, ndr), di mutamenti radicali sia sul piano culturale che politico: valorizzazione del merito e stop alle discriminazioni (di qui la proposta dell’istituzione di un’authority), politiche di cura per bambini e anziani - oggi completamente scaricati alle mamme, nonne, zie, sorelle d’Italia - che consentirebbero un maggiore accesso al mercato del lavoro. Infine occorre una più rispettosa e complessiva rappresentazione della realtà femminile nei media (televisivi e pubblicitari). Su questo abbiamo proposto sia un appello alle aziende per una pubblicità responsabile, già sottoscritto da Accenture, Oreal, Microsoft, Kroll, Johnson and Johnson, Unilever/Dove, Vodafone e speriamo in moltissime altre aziende italiane, e un osservatorio indipendente per Rai e Mediaset.
Un altro dramma italiano è quello dell’assenza di legalità e di rispetto delle regole su cui voi Radicali siete molto combattivi, come dimostra la battaglia contro le firme irregolari per le elezioni in Lombardia. Quanto è responsabile questo governo?
Il tema dei diritti civili, della legalità e del rispetto delle regole non è per noi una faccenda sovrastrutturale o etica. Per noi queste sono questioni sociali, che incidono profondamente sulle strutture anche economiche o produttive. Per questo noi le consideriamo la prima priorità. Del resto, anche in tempi lontani, noi proclamavamo il primato del diritto sull’economia, quando tutti i principali intellettuali, più o meno marxianamente, proclamavano il primato dei problemi di "struttura", i problemi economici, tipo la programmazione, più o meno "democratica", eccetera. Per quanto riguarda la giustizia, basta porre mente al tema delle carceri, che ormai è diventato però un problema a livello mondiale: dall’Africa alla Francia, le cui statistiche carcerarie sono molto simili a quelle italiane. È forse il concetto stesso del rapporto fra reato e pena che deve essere riesaminato, occorrerebbe un nuovo Beccaria, che rifondi il sistema giuridico e del diritto.
Il Vaticano con le dichiarazioni dei sottosegretario di Stato Bertene e poi del presidente della Cei Bagnasco quali ripercussioni determinerà sul futuro dei governo?
L’ingerenza vaticana sulla politica italiana non è cosa di oggi. Ma De Gasperi ebbe il coraggio di dire no alle imposizioni di Pio XII che gli chiedeva un’alleanza con le destre in nome dell’anticomunismo. De Gasperi pagò con la fine della sua carriera politica ma dimostrò di essere un cattolico coraggioso, davvero laico. Però penso che l’attuale sovraesposizione sia in definitiva un fatto negativo anche per il Vaticano. La coscienza popolare alla fine non potrà non ribellarsi: basti pensare del resto che già oggi, sul piano statistico, la "cultura" cattolica è in minoranza nel Paese per quel che riguarda tutti i valori etici.
Come giudica l’idea dei segretario Pd Bersani di una riforma repubblicana da sottoporre a tutte le forze dell’opposizione e poi di conseguenza, decidere la coalizione?
Bersani propone una "riforma repubblicana" da sottoporre a tutte le forze dell’opposizione. A tutte, meno che ai Radicali, che pure da tempo hanno presentato al Pd questioni di grande importanza. Al nostro recente congresso la Bindi disse che era urgente che Radicali e Pd si incontrassero, per esaminare le nostre proposte, ma da allora non si è fatto avanti nessuno, se non di sfuggita e in modo improbabile. E Veltroni proprio pochi giorni fa ha "aperto" persino a Fini, che è già in difficoltà per conto suo, da quando ha capito che per proporre grandi riforme liberali e laiche occorre un coraggio e una volontà politiche che lui non mostra davvero di avere.
Ultima domanda: perché gli italiani hanno così paura di cambiare?
Non è vero che gli italiani abbiano una paura incontrollata rispetto ai cambiamenti. Quando noi Radicali proponemmo al Paese il divorzio, l’aborto, l’obiezione di coscienza, gli italiani hanno entusiasticamente cambiato. Poi, con i referendum abbiamo cercato di proseguire sulla strada del cambiamento e, per esempio, sulla questione del finanziamento dei partiti gli italiani ci hanno detto ancora di sì. E pure sulla responsabilità civile dei magistrati... Oggi, siamo sicurissimi che la maggioranza degli italiani è a favore dell’eutanasia, della sperimentazione sulle cellule staminali embrionali, eccetera. È la classe politica a non volere le riforme, a imporre al Paese un regime di chiusura e ostilità verso il cambiamento, la modernizzazione in senso liberale, l’innovazione.
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