Int. a E. Bonino - "Le nostre conquiste sono ancora a rischio. Serve una grande mobilitazione"

Ne abbiamo viste di peggio ma le abbiamo vinte perché lo volevamo aldilà delle prudenze dei partiti», dice Emma Bonino alle donne che nel 2010, quando decidono di ricorrere all’aborto, si ritrovano ancora a combattere con obiettori di coscienza, rinati picchetti anti-abortisti (anche se sparuti e scarsi), ospedali che, nonostante il via libera dell’Aifa, ritardano a far partire gli ordinativi per la Ru486 che da decenni consente di abortire senza ricorrere all’intervento chirurgico. Non siamo agli anni Settanta: «Ma stanno facendo una battaglia ideologica contro un farmaco, dicono che non si deve banalizzare l’aborto, ovvero vogliono ancora che si partorisca nel dolore e si abortisca sotto tortura».
La "ricetta" di Emma Bonino, di fronte a tutto questo, è in un certo senso antica. «Ci vuole una grande mobilitazione nel paese». Una mobilitazione delle donne, prima di tutto. Ma non solo. «Bisogna rilanciare un dibattito aperto sui valori , sulla libertà di scelta della donna di fronte alla maternità, sulla libertà di cura, sui diritti civili», dice la vicepresidente del senato. Lei che, nel 1975, pagò con il carcere la disobbedienza alla legge che allora vietava l’aborto. Storia di trentacinque anni fa. Tornata d’attualità, in campagna elettorale, quando Libero, fiutata l’aria, ha ripubblicato le foto della candidata del centrosinistra che nel ‘75 aiutava contra legem le donne ad abortire. Anacronistico? Certo. Oggi il diritto delle donne ad abortire è legge. Ma la lezione di queste ore - e non solo - dice anche che: «Le conquiste fatte non sono per sempre, se non le si difende, ci si sveglia una bella mattina e quelle cose che hai conquistato non ce le hai più», scandisce la leader radicale, invocando una «manifestazione, una mozione in parlamento», qualunque cosa segnali una reazione. E non serviva nemmeno vedere «tutta questa mobilitazione contro la Ru486» per capire l’urgenza: «Basta guardare a cosa succede negli ospedali della Lombardia dove non si fanno più aborti perché sono tutti obiettori». «Perché non oggi?», quindi. Questo è l’appello che la vicepresidente del Senato rivolge alle donne, adesso che si tratta di non perdere le conquiste costate anni di lotte. «Facciamo qualcosa, ricominciamo dal paese», dice. L’idea che di queste cose ormai se ne debbano occupare solo le istituzioni - mai così fragili, per giunta - non regge. Che si tratti del parlamento dove si legifera («e dove peraltro non siamo maggioranza») o di uno degli ospedali a cui le donne si rivolgono per abortire, di fronte alle pressioni crescenti della Chiesa e non solo, «le istituzioni vanno rafforzate e dare vita a un movimento nel paese servirebbe anche a questo», avverte Bonino. Critica, certo, con la Lega, con gli appelli anti-abortisti della Chiesa. Ma anche con la sinistra: «Se certa destra ne fa una battaglia ideologica è anche perché dall’altra parte non c’è una mobilitazione progressista, o come la vuoi chiamare (io suggerirei normale) a favore della libera maternità, una resistenza vera, una contrapposizione di valori».
La marcia indietro a cui sono stati costretti Cota e Zaia dice che di margine ce n’è: «Ma se uno vuole far crescere la contraddizione nel campo dell’avversario deve costruire una mobilitazione della sua parte». E invece: «Certi argomenti - attacca Emma Bonino - sono rimasti abbastanza nascosti in questi anni, per ragioni politicanti». Un j’accuse molto duro: «L’ultima manifestazione s’è vista dopo il referendum sulla legge 40, ma stiamo parlando del 2005». La risposta migliore? «Mobilitarsi, meglio tardi che mai». «Corrente Rosa una settimana fa ha proposto una manifestazione, finora le adesioni scarseggiano».
La "ricetta" di Emma Bonino, di fronte a tutto questo, è in un certo senso antica. «Ci vuole una grande mobilitazione nel paese». Una mobilitazione delle donne, prima di tutto. Ma non solo. «Bisogna rilanciare un dibattito aperto sui valori , sulla libertà di scelta della donna di fronte alla maternità, sulla libertà di cura, sui diritti civili», dice la vicepresidente del senato. Lei che, nel 1975, pagò con il carcere la disobbedienza alla legge che allora vietava l’aborto. Storia di trentacinque anni fa. Tornata d’attualità, in campagna elettorale, quando Libero, fiutata l’aria, ha ripubblicato le foto della candidata del centrosinistra che nel ‘75 aiutava contra legem le donne ad abortire. Anacronistico? Certo. Oggi il diritto delle donne ad abortire è legge. Ma la lezione di queste ore - e non solo - dice anche che: «Le conquiste fatte non sono per sempre, se non le si difende, ci si sveglia una bella mattina e quelle cose che hai conquistato non ce le hai più», scandisce la leader radicale, invocando una «manifestazione, una mozione in parlamento», qualunque cosa segnali una reazione. E non serviva nemmeno vedere «tutta questa mobilitazione contro la Ru486» per capire l’urgenza: «Basta guardare a cosa succede negli ospedali della Lombardia dove non si fanno più aborti perché sono tutti obiettori». «Perché non oggi?», quindi. Questo è l’appello che la vicepresidente del Senato rivolge alle donne, adesso che si tratta di non perdere le conquiste costate anni di lotte. «Facciamo qualcosa, ricominciamo dal paese», dice. L’idea che di queste cose ormai se ne debbano occupare solo le istituzioni - mai così fragili, per giunta - non regge. Che si tratti del parlamento dove si legifera («e dove peraltro non siamo maggioranza») o di uno degli ospedali a cui le donne si rivolgono per abortire, di fronte alle pressioni crescenti della Chiesa e non solo, «le istituzioni vanno rafforzate e dare vita a un movimento nel paese servirebbe anche a questo», avverte Bonino. Critica, certo, con la Lega, con gli appelli anti-abortisti della Chiesa. Ma anche con la sinistra: «Se certa destra ne fa una battaglia ideologica è anche perché dall’altra parte non c’è una mobilitazione progressista, o come la vuoi chiamare (io suggerirei normale) a favore della libera maternità, una resistenza vera, una contrapposizione di valori».
La marcia indietro a cui sono stati costretti Cota e Zaia dice che di margine ce n’è: «Ma se uno vuole far crescere la contraddizione nel campo dell’avversario deve costruire una mobilitazione della sua parte». E invece: «Certi argomenti - attacca Emma Bonino - sono rimasti abbastanza nascosti in questi anni, per ragioni politicanti». Un j’accuse molto duro: «L’ultima manifestazione s’è vista dopo il referendum sulla legge 40, ma stiamo parlando del 2005». La risposta migliore? «Mobilitarsi, meglio tardi che mai». «Corrente Rosa una settimana fa ha proposto una manifestazione, finora le adesioni scarseggiano».
© 2010 L'Unità. Tutti i diritti riservati
SEGUICI
SU
FACEBOOK
SU
- Login to post comments