Indignados, la Spagna non è l'Italia

Dalla Rassegna stampa

Per un puro caso, non può essere altrimenti, il bell'articolo del professor Giulio Sapelli a proposito della disoccupazione come indicatore della crisi mondiale era ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera poche ore dopo la trasmissione serale di Rai3 a cura di Corrado Iacona sui giovani italiani che hanno trovato facilmente lavoro a Barcellona dopo averlo cercato invano a casa loro.

La curiosa coincidenza è che Sapelli offre rigore scientifico a quello che Iacona propone in chiave documentaristica. Il tasso di disoccupazione spagnolo, evidentemente anche quello giovanile, non è migliore di quello italiano, tutt'altro. Però c'è un parametro che gioca a favore di Zapatero: la crisi ha colpito la Spagna quanto noi, anzi di più, ma le speranze di ritrovare un lavoro per un giovane spagnolo sono maggiori di quelle di un italiano. Si potrà obiettare che forse in Spagna hanno spinto la "deregulation" contrattuale al punto che il lavoro è qualcosa di terribilmente aleatorio e contrattualmente temporaneo. L'inchiesta di Iacona mostra che è esattamente il contrario. E non solo per i lavori "creativi", che si sa a Barcellona vanno di moda, ma anche per l'autotrasporto. Contratti a tempo indeterminato con tutti gli annessi sono stati facilmente conquistati senza bisogno di giudici del lavoro, eppure l'economia spagnola in questi anni ha tirato, al contrario della nostra, e se oggi è in crisi non è per il suo mercato del lavoro. Tutto ciò non per polemizzare col governo, sarebbe infierire. Solo per suggerire all'opposizione di leggere Sapelli e guardarsi Iacona. Prima di entusiasmarsi per gli "indignados".

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