Indagine chiusa, tremano i big della polizia

Atterrerà stamani sulla scrivania del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, il dossier dell’indagine interna, guidata dal capo della Polizia Alessandro Pansa, per ricostruire la catena informativa e verificare la correttezza dei comportamenti di dirigenti e funzionari interessati dal procedimento che, fra il 28 e il 31 maggio, ha portato all’espulsione-lampo dal territorio italiano, a bordo di un aereo noleggiato dall’ambasciata del Kazakhstan, della signora Alma Shalabayeva e della piccola Alua, moglie e figlia del dissidente Mukhtar Ablyazov (residente in Regno Unito con lo status di rifugiato politico). A confermare il timing, è il ministro degli Esteri Emma Bonino: «Sarà il documento ufficiale su come si sono svolti i fatti e i comportamenti in quei giorni». Da venerdì, dopo la decisione del governo di revocare il provvedimento di espulsione, il prefetto Pansa ha lavorato al secondo piano del Viminale, raccogliendo le relazioni di servizio e ascoltando gli attori della vicenda, gli ultimi ieri a tarda sera. Palazzo Chigi, che pur riconoscendo come «la regolarità del procedimento e la sua base legale sono state accertate e convalidate da quattro distinti provvedimenti di autorità giudiziarie di Roma», ha reputato «grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda», affidando a Pansa il compito di «verificare le responsabilità connesse». Già da venerdì infatti, durante l’incontro con gli altri ministri e col premier Enrico Letta a Palazzo Chigi, Mano si era tirato fuori, ribadendo di non esser stato informato nei dettagli sul caso: in una struttura come il Viminale, è la riflessione, non si può ragionare in termini di "omesso controllo" e bisogna che la squadra di collaboratori stretti del ministro lo tenga costantemente aggiornato sulle situazioni spinose. La relazione probabilmente non indicherà "colpevoli", ma ricostruirà i vari passaggi, a partire dall’insistente richiesta dell’ambasciatore kazako di arrestare Ablyazov (perché «ricercato da un avviso di cattura dell’Interpol»).
Sarà compito del ministro Alfano proporre sanzioni. A quanti competeva il dovere di informare il ministro? E chi lo avrebbe disatteso, interrompendo la catena? Il primo nome sulla graticola è quello del suo capo di Gabinetto, Giuseppe Procaccini. E a lui che Alfano gira la pressante richiesta arrivatagli dall’ambasciatore kazako a Roma di catturare Mukhtar Ablyazov (descritto come un latitante armato, pericoloso e ricercato dall’Interpol). Posizione delicata è pure quella del vice capo vicario della Polizia Alessandro Marangoni, reggente del Dipartimento in quei giorni di fine maggio, dopo la scomparsa di Antonio Manganelli. Pare inoltre che Procaccini abbia girato la richiesta kazaka all’attenzione di Alessandro Valeri, capo della segreteria di Marangoni. Infine, la responsabilità operativa sarebbe toccata alla questura di Roma, guidata da Fulvio Della Rocca, intervenuta dopo aver ricevuto dall’Interpol conferma del mandato internazionale a carico del kazako. E qui entrerebbe in gioco un’altra figura, il vice capo della polizia Francesco Cirillo, sotto cui ricadono la Criminalpol e i rapporti con l’Interpol: dai suoi uffici non sarebbe arrivata l’informazione che il dissidente godeva di asilo politico a Londra. «Per ciò che emerge sulla vicenda - ragiona una fonte ministeriale sarebbe singolare che gli strali del governo si abbattessero verso il basso». E, per integrare eventuali rimozioni, potrebbe scattare anche un giro di nomine in posti chiave, integrandole ai movimenti di questori e prefetti, attesi da giorni. Oggi Alfano leggerà il rapporto e ragionerà sul da farsi, in vista di una sua comunicazione alle Camere, sollecitata dalle opposizioni, che potrebbe avvenire in settimana. Il premier Enrico Letta resta dalla sua parte e attende con ansia il dossier del Viminale: «Chi ha sbagliato, dovrà assumersene la responsabilità».
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