Le incognite della partita per il Quirinale

Mancano ancora molte settimane se non mesi, ma la corsa al Quirinale riemerge con sempre maggiore frequenza in queste due ultime convulse settimane elettorali. Calendario alla mano, i giochi veri cominceranno dopo il 16 aprile. Per quella data s conosceranno, ovviamente, i risultati elettorali e saranno stati eletti i presidenti delle camere. Da come i partiti assegneranno le due ambite poltrone di Palazzo Madama e di Montecitorio si capirà molto, ma qualcosa comincia ad emergere anche da come si sta sviluppando la campagna elettorale e dal posizionamento di alcuni leader alla guida partiti o di schieramenti che dovrebbero collaborare dopo il voto. Ieri a largo del Nazareno, sede del Pd, sottolineavano incuriositi come Mario Monti sia più volte tornato sull'argomento malgrado nei mesi scorsi l'abbia più volte scartata. «Non dipende da me, ma da altri», sostenne il Professore a fine gennaio intervistato da Il Fatto. Ieri, ospite di Rtl, Monti ha provato a tendere la mano a Giorgio Napolitano e, dopo giorni di freddo tra i due dovuti alla repentina decisione assunta dal Professore di scendere in campo, ha rilanciato la tesi del bis per l'attuale inquilino del Colle. Non è la prima volta che al termine del settennato si affaccia l'ipotesi del secondo mandato, ma nelle parole di Monti si scorgono i contorni di un "beau geste" che conferma il sostanziale raffreddamento dei rapporti tra i due. Al quale si somma una montante diffidenza del Pd per il Professore: «Lui al Quirinale non è affidabile, tanto più se la maggioranza al Senato sarà risicata», sosteneva ieri un esponente di punta del partito Democratico. Anche se scendono le quotazioni di Monti per il Colle, il problema del ruolo da dare al Professore resta intatto, tanto più se a palazzo Madama i voti della lista Civica saranno decisivi. L'ipotesi del ministero degli Esteri potrebbe essere più concreta rispetto a quello dell'Economia, anche se alla Farnesina aspira anche Massimo D'Alema. Proprio il nome dell'ex premier è filtrato nei giorni scorsi da palazzo Grazioli come candidato di Berlusconi. Un tentativo, quello del Cavaliere, di sparigliare e di inserirsi in trattative che tendono ad escluderlo e che vorrebbero destinare a Pier Ferdinando Casini la presidenza del Senato e a Rosy Bindi quella della Camera.
Puntare sul presidente del Copasir significa però mettere un timing sotto il possibile governo Bersani visto che ipotizzare che resta difficile pensare che due esponenti del Pd possano contemporaneamente ricoprire la carica di presidente del Consiglio e presidente della Repubblica. Lo scandalo del Monte dei Paschi rischia di danneggiare anche candidature che sino a qualche settimane fa erano ben quotate. A cominciare da quella di Mario Draghi avanzata da Berlusconi e che il diretto interessato ha immediatamente escluso ricordano l'incarico che ricopre nella Bce. Restano, seppur appannate, quelle di Giuliano Amato di Romano Prodi, ma quella che sta veramente prendendo quota è quella di Franco Marini. Ex sindacalista, ex Dc ed ex presidente del Senato, Marini resta la carta più credibile insidiata solo da coloro, come Fini, che auspicano una donna come Rosy Bindi o Emma Bonino, se non ci fosse per quest'ultima il nodo di Oltretevere.
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