Inchiesta sulle stanze di tortura

Dalla Rassegna stampa

La magistratura apre un`inchiesta sui presunti "pestaggi" nel carcere di Castrogno di Teramo, dopo la denuncia del Riformista, ora oggetto anche delle verifiche degli ispettori del ministero della Giustizia, e dove ieri si è recata in visita la deputata radicale Rita Bernardini. Tutto è nato dalla registrazione nel quale il comandante degli agenti di polizia penitenziaria usa il verbo «massacrare»: risalirebbe allo scorso settembre, quando un detenuto avrebbe aggredito un agente. I rappresentanti sindacali minimizzano: «E un terpine gergale». Ma nella stessa registrazione, il comandante dice: «Ha menato al detenuto in sezione». Intanto, Rita Bernardini ha descritto lo scenario che ha trovato nell`istituto di pena: personale sottodimensionato, nessun riscaldamento, accesso alle docce soltanto tre volte alla settimana, metà dei detenuti affetti da patologie gravi.
Una colluttazione tra un agente e un detenuto tossicodipendente. Il detenuto aggredisce l`agente che, per difendersi, reagisce. Ma lo fa davanti agli altri detenuti. Con il rischio di scatenare «una rivolta». Perciò, venuto a conoscenza dell`accaduto, il comandante redarguisce i suoi uomini con parole dure, che qualcuno registra e fa riecheggiare ben oltre le mura del carcere di Castrogno: «Non lo sai che lui ha menato al detenuto in sezione? ... In sezione un detenuto non si massacra, si massacra sotto. Si è rischiata la rivolta, perché c`era il negretto, il negro, che ha visto tutto». Mentre la magistratura indaga su una vicenda resa pubblica la scorsa settimana con una lettera anonima inviata alla stampa locale e riferita sabato dal Riformista. Mentre al penitenziario di Teramo piombano gli ispettori del ministero della Giustizia e si precipita in visita la deputata radicale Rita Bernardini, che sarà seguita tra qualche giorno da Marco Pannella. Mentre l`opinione pubblica invoca risposte, chi lavora a Castrogno cerca di fornirne qualcuna. Cerca di spiegare che quel carcere non è una Guantanamo. Che le parole innegabilmente pronunciate dal comandante di reparto degli agenti di Polizia penitenziaria Giovanni Luzi, non nascondono, come si potrebbe immaginare, una quotidianità fatta di pestaggi, violenza, maltrattamenti. «Certo, la magistratura deve indagare. E se qualcuno è andato oltre è giusto che paghi - dice Giuseppe Pallini, segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) - Ma secondo quanto abbiamo ricostruito, quella conversazione si riferiva a un episodio successo il 22 settembre. Al termine del quale il detenuto è stato portato in infermeria, dove non gli hanno riscontrato neanche due giorni di prognosi. Mentre l`agente coinvolto è ancora in malattia. Nessun pestaggio. Una colluttazione. Altri casi non ce ne sono stati». Caso archiviato? Tutt`altro. Le autorità (giudiziaria e amministrativa) sono ancora chiuse nel più stretto riserbo. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, potrebbe riferire oggi nell`Aula del Senato (dove interverrà sul caso Cucchi) le prime risultanze dell`ispezione proseguita per tutta la giornata di ieri a Teramo. Ma chi ha pronunciato quel verbo, «massacrare», avendo l`autorità necessaria per renderlo un agghiacciante ordine, non ha ancora chiarito. Il comandante Luzi riconosce che è sua la voce che si sente nella registrazione, ma a chi lo ha interpellato ieri ha assicurato di non ricordare in quale occasione possa aver pronunciato quelle parole, probabilmente estrapolate dal contesto, dice. Possibile fraintendere un verbo esplicito come «massacrare»? Sì, secondo i segretari generale e regionale della Uil Pa penitenziari, Eugenio Sarno e Giuseppe Giancola. Il comandante Luzi, spiegano, avrebbe semplicemente parlato in «gergo» e adoperato il verbo come si usa fare a Teramo, e cioè «come un intercalare». Inoltre avrebbe fatto in questo caso riferimento non a una aggressione fisica, ma verbale. Insomma, un «massacrare» di insulti, non di botte. Una ricostruzione, questa, che però vacilla di fronte a un`altra frase che lo stesso comandante pronuncia nella conversazione incriminata: «Ha menato al detenuto in sezione». «Siamo tranquillissimi, perché qui si regna nella legalità ed è spiacevole solo la pubblicità data a questa situazione» dice, raggiunto al telefono, il direttore pro tempore di Castrogno Stefano Liberatore (da un mese sostituisce il direttore del carcere, che è in malattia). Ma tutt`altro che "tranquillo" è lo scenario descritto dalla deputata radicale Rita Bernardini, al termine della sua visita al penitenziario. «Una situazione esplosiva, carica di tensione», riferisce. «I detenuti hanno sottolineato che i rapporti con gli agenti sono abbastanza buoni e nessuno ha denunciato casi di violenza - ci tiene a precisare la parlamentare Ma la situazione di tensione è generata dal fatto che sia gli agenti che i detenuti si trovano a vivere in una situazione molto molto difficile». Sottodimensionamento del personale (mancano 41 agenti e c`è un educatore e mezzo ogni 400 detenuti) e risorse a dir poco scarse, sono denunciate da tutti coloro che sono costretti a vivere una struttura dove manca il riscaldamento («erano tutti in cappotto»), ci si fa la doccia solo tre volte la settimana, mancano i detersivi per la pulizia, quasi nessuno ha la possibilità di lavorare e il 50% dei detenuti è affetto da patologie gravi. «II ministro Alfano si decida finalmente a fare qualcosa. Fino ad ora abbiamo sentito solo parole al vento», è l`appello di Rita Bernardini, che ha presentato anche un`interrogazione parlamentare sul caso. Da parte sua, il sostituto procuratore David Mancini assicura di essere al lavoro.

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