È inaccettabile il segreto che circonda il nuovo trattato Usa-Ue Deciderà il futuro dei nostri figli, ma nessuno in Italia se ne cura

Pochi giorni fa Massimo Bordin, voce storica di Radio Radicale, durante un talk show su La7 faceva notare che il tratto dominante dell’attuale fase politica sembra essere l’incompetenza. Si riferiva a Maria Elena Boschi, che a soli 33 anni, senza essere stata prima in Parlamento, è diventata ministro delle Riforme e ora, dovendo presiedere alla riscrittura di interi pezzi della Costituzione, scopre di non avere la competenza necessaria. Sulla scarsa competenza che alligna ai piani alti di Palazzo Chigi e in alcuni ministeri chiave ha più volte richiamato l’attenzione anche Domenico Cacopardo, già consigliere di Stato e firma autorevole di ItaliaOggi, sconcertato dal fatto che la riforma della pubblica amministrazione sia stata affidata a Marianna Madia, per sua stessa ammissione digiuna della materia. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: leggi scritte con i piedi, riforme della Costituzione e del sistema elettorale prima magnificate e poi accantonate per evidente insostenibilità, norme taglia-spesa velleitarie e inapplicabili, addirittura imposte retroattive. Ma questa è solo l’incompetenza che si vede, alla luce del sole. Poi c’è un’incompetenza nascosta, che si nota meno, o non si nota affatto, ma rischia di avere conseguenze ancora più gravi della prima.
Un esempio? Da due anni è in discussione un importante trattato sui futuri rapporti commerciali, economici e sociali tra gli Stati Uniti e l’Unione europea. La sua sigla è Ttip, e sta per Transatlantic Trade and Investment Partnership. Si tratta di un dossier di migliaia di pagine che, sul piano formale, mira a istituire un Partenariato Usa - Eu sul commercio e sugli investimenti, facendo degli Stati Uniti e dell’Unione europea un unico grande mercato comune, una eliminando non solo le residue barriere tariffarie, ma anche le «barriere non tariffarie», vale a dire le differenti normative che rendono difficili gli scambi economici tra le due sponde dell’Atlantico. In particolare, si tratta di quelle regole che riguardano gli standard di sicurezza e di qualità della vita presenti nei 28 Paesi dell’Unione europea, frutto di oltre un secolo di politiche di welfare. Normative che non esistono negli Stati Uniti e sono considerate, soprattutto dalle multinazionali Usa, sempre più un ostacolo all’affermarsi di un liberismo economico senza regole, dalla finanza alle banche, dalla salute all’agricoltura, dall’energia ai servizi pubblici, fino alle pensioni e ai diritti del lavoro. Mantenere in vita o abolire per il futuro certe «barriere non tariffarie» quali sono agli occhi delle multinazionali gli attuali sistemi pensionistici europei, i servizi sanitari universali, i livelli salariali dignitosi, le norme anti-Ogm per la tutela dell’agricoltura, dei vini e degli alimenti prodotti con metodi che ne certificano la qualità, dipenderà da questo nuovo trattato, che in buona sostanza finirà per incidere sulla vita di circa 800 milioni di persone, sommando quelle che vivono nei 28 Paesi dell’Ue e negli Usa. Dunque, un Trattato di importanza storica, la cui bozza finale - a sentire alcune fonti - potrebbe essere pronta per la ratifica verso al fine di quest’anno.
Gli Stati Uniti non vedono l’ora di firmarlo. Il presidente Usa, Barack Obama, nel suo recente viaggio in Europa, avrebbe caldeggiato una rapida conclusione delle trattative. Nulla si sa, invece, di cosa ne pensino i governi dei maggiori Paesi europei e la Commissione Ue, che formalmente è stata incaricata della trattativa con gli Usa. Quanto al Parlamento europeo, che sarà tenuto alla ratifica finale, si può soltanto dire che finora non se n’è mai occupato. Una ignoranza a dir poco irresponsabile, che sta trovando piena conferma nell’attuale vigilia del rinnovo del Parlamento europeo: in Italia non c’è un solo leader politico, né un uomo di governo, compreso il premier Matteo Renzi, che abbia mai fatto riferimento a questo tema, sia pure di sfuggita, in vista del voto del 25 maggio. A loro parziale giustificazione, c’è che il dossier Ttip è un segreto tra i meglio custoditi in Europa. Secondo una recente ricostruzione di Paolo Raffone sul sito illsussidiario.net, la conduzione del negoziato è stata assai diversa sulle due sponde dell’Atlantico. La delegazione Usa ha schierato più di 600 consulenti delegati dalle multinazionali, i quali dispongono dell’accesso ai documenti preparatori e ne possono così condizionare la stesura finale.
Per l’Ue invece il negoziato sarebbe condotto da un ristretto gruppo di lavoro di 6-7 persone (nessun italiano), guidato dal tedesco Paul Nemitz, che fa parte della Direzione Generale Giustizia della Commissione Ue. Anche se può sembrare incredibile, Nemitz è l’unico autorizzato ad avere voce in capitolo, tanto che nessun membro del gabinetto di Manuel Barroso è stato autorizzato a partecipare alle riunioni bilaterali. Non solo. Nemitz si sarebbe finora preoccupato di salvaguardare soprattutto gli interessi tedeschi, in stretto raccordo con il governo di Angela Merkel a Berlino, senza mai rivelare ad altri esponenti europei i contenuti del dossier. In pratica, escluso Berlino, nessuno degli altri 27 governi dei Paesi Ue conosce la bozza del trattato. Men che meno la Direzione generale dell’Industria, guidata dall’italiano Antonio Tajani, che non ha nessuna voce in capitolo. Eppure non c’è neppure un leader politico che in Italia, vista l’importanza del trattato, si sia lamentato per una segretezza intollerabile degli atti, oltre che per una conduzione delle trattative avvolta nel mistero, tranne che sul rischio finale: consegnare una volta per tutte l’Europa nelle mani della Germania, e di riflesso in quelle delle multinazionali Usa. Dovremo riparlarne.
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