Immigrati in fila per le case popolari

L'integrazione degli stranieri si costruisce un mattone (pubblico) dietro l'altro. Nelle grandi città, infatti, sta aumentando il numero degli immigrati che ottengono un alloggio di edilizia residenziale pubblica: a Milano, il 17,2% delle case popolari assegnate, ad oggi, ha un titolare straniero. Valore tanto più significativo considerando l'incidenza degli immigrati residenti sul totale della popolazione della provincia, che arriva "solo" al 9,4 per cento. A Brescia, altra città di grande presenza immigrata, i titolari stranieri di alloggi popolari per la prima volta hanno raggiunto il 12,5% del totale. Mentre più contenuta, pur se in crescita, risulta essere la loro percentuale a Bologna (9,2) e a Torino (7,4).
Per gli immigrati la medaglia dell'alloggio popolare però ha due facce opposte: da una parte costituisce il primo passo decisivo verso l'integrazione. «Nei nostri quartieri ci sono sportelli pubblici, custodi sociali: l'inquilino anche immigrato trova qualcuno a cui rivolgersi - spiega Loris Zaffra, presidente Aler Milano -. Se la strada della convivenza è quella dei quartieri con un buon mix sociale, i nostri possono essere un laboratorio. Una situazione di emarginazione diffusa come quella della zona di via Padova, a Milano, non si verifica. Tra i nostri migliori inquilini ci sono proprio gli stranieri: per loro riuscire a ottenere la casa è una conquista sociale. Se possono, sono puntuali nel pagamento degli affitti».
Segnali di fragilità
Il crescente accesso degli immigrati alle case popolari è la spia della fragilità delle loro condizioni economiche, accentuate dalla crisi. Secondo un rapporto sull'integrazione di Orim, Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità, nel 2009 il 14,3% degli immigrati in Lombardia viveva in condizioni di grande precarietà alloggiativa, e l'11,3% poteva giovarsi solo di affitto
condiviso con estranei. Così a Milano, il 56% delle richieste per alloggio popolare sono di cittadini immigrati. Valore superato solo da Brescia (59,8%) e che rimane consistente a Torino (41,2%) e a Bologna (44,1%).
Una pressione di richieste (e una concorrenza per gli affittuari italiani) che le amministrazioni cercano di contenere: il consiglio regionale del Piemonte il 9 febbraio ha approvato una legge di riforma per l'assegnazione delle case popolari, indicando come requisito per un alloggio, la residenza continuativa di tre anni nel Comune del bando. Provvedimento scritto sul modello dell'analoga legge lombarda del 2004, che pone il vincolo di cinque anni di residenza. Sbarramenti amministrativi che raggiungono il risultato di limitare soprattutto le domande di cittadini stranieri di "recente" immigrazione. Italiani e stranieri che chiedono un alloggio pubblico sono però molto diversi tra loro: una recente ricerca sulle domande presentate al comune di Bologna, rileva che quelle provenienti da persone sole (70,5%) o da genitori soli con prole (61,9%) sono in maggioranza di inquilini italiani. Quelle di giovani coppie con o senza figli (72,9%), e di nuclei composti anche da più di cinque persone (74,9%) provengono invece da richiedenti stranieri. Insomma, a contendersi gli alloggi sono, da una parte, anziani italiani spesso soli e, dall'altra, giovani famiglie straniere numerose.
In competizione
Italiani e stranieri sono utenti con necessità abitative molto diverse, che rischiano di entrare in competizione, anche a causa del limitato patrimonio residenziale sociale. «A Brescia possiamo
contare su circa 5 mila alloggi spiega Massimo Bianchini, assessore comunale alla Casa -, con i
quali non riusciamo a soddisfare le esigenze degli italiani anziani e soli. Le nostre case sono state costruite in un'epoca in cui le famiglie erano numerose; si tratta di appartamenti grandi che vengono assegnati a nuclei stranieri, con molti figli, scavalcando gli italiani. Per questo stiamo pensando a interventi di ristrutturazione degli alloggi e non saremmo contrari a un limite di dieci anni di residenza minimo per fare domanda».
«La presenza degli immigrati nel patrimonio delle case popolari è destinata a crescere - spiega
Pierluigi Rancati, segretario lombardo del Sicet, sindacato degli inquilini -. Da una parte perché
gli stranieri hanno meno possibilità economiche degli italiani; dall'altra perché, nonostante una richiesta crescente, l'offerta rimane limitata e non ci sono investimenti significativi in nuove case popolari».
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