“Ha comprato voti dalla "ndrangheta” In manette un assessore di Formigoni

Dalla Rassegna stampa

 L’ultimo versamento ai boss, per ringraziarli dei voti ottenuti, l’ha fatto il 15 marzo scorso: 30 mila euro passati di mano nella sede dell’associazione culturale milanese «Centro e Libertà» e documentati da una serie di intercettazioni telefoniche. 

È una storia di voti di scambio e incredibili contatti tra la politica e la ’ndrangheta, quella che ha portato questa mattina in carcere Domenico Zambetti, 60 anni, assessore alla Casa pdl della Regione Lombardia di Roberto Formigoni. È accusato di aver comprato un pacchetto di 4000 preferenze pagandolo 200 mila euro (circa 50 euro a voto) per la sua elezione (con 11.217 preferenze) alle regionali del 2010. 

«Una vicenda preoccupante di un segmento della vita pubblica e criminale lombarda», ha commentato stamane il procuratore aggiunto Ilda Boccassini. «Siamo in presenza di un rappresentante delle istituzioni che in piena consapevolezza si rivolge a dei mafiosi (e di primissimo piano, apicali nella ’ndrangheta) per tornaconto personale: forse una delle vicende dove per la prima volta si documenta in modo chiarissimo, l’esistenza di voti di scambio. Mettersi nelle mani di due boss, significa mettere la propria funzione a disposizione e non potersi più sottrarre pena minacce e intimidazioni, come ha documentato l’indagine; significa diventare proprietà di tutta l’organizzazione che poi si sentirà autorizzata, come è successo in questo caso, a chiedere favori di ogni tipo». 

I soldi pagati dall’assessore Zambetti, sarebbero finiti a due colletti bianchi della ’ndrangheta: l’esponente della cosca calabrese «Morabito-Bruzzaniti» di Africo (Giuseppe D’Agostino, gestore di locali notturni già condannato anni fa per traffico di droga nell’inchiesta sull’Ortomercato) e il referente del clan «Mancuso» di Palmi, il gestore di negozi Costantino Eugenio. I due a loro volta si sarebbero fatti aiutare da Ambrogio Crespi, fratello di Luigi, l’ex sondaggista di Berlusconi, condannato nel 2011 a 7 anni per bancarotta. 

Insomma, un bel giro di personaggi che rivela, più di ogni altra inchiesta mai raccontata finora, il pericolosissimo grado di filtrazione della malavita organizzata calabrese nella politica lombarda. Nell’inchiesta, coordinata dal pm Giuseppe D’Amico, della Dda di Ilda Boccassini, sono state arrestate altre 20 persone, a vario titolo coinvolte nell’organizzazione criminale che si occupava anche di estorsioni e traffico di materiale edile, gru ed elevatori, rubato e rivenduto all’estero. I Carabinieri hanno scoperto anche l’esistenza di un “bunker” rifugio, con uscita camuffata, e diverse armi. 

Almeno 60 gli imprenditori che dovranno essere interrogati nei prossimi giorni. Tra gli indagati anche il padre di Sara Giudice, la consigliera regionale del Pdl che fece scalpore criticando apertamente la collega Nicole Minetti. Secondo l’inchiesta, per la sua elezione, il padre Vincenzo (già consigliere comunale pdl) avrebbe comprato 3-400 voti dalle cosche promettendo in cambio non soldi ma appalti in Calabria attraverso una società partecipata dal Comune di Milano di cui era stato nominato ai vertici da Letizia Moratti.

L’assessore Zambetti è l’ultimo di una lunga serie di esponenti politici arrestati o inquisiti negli ultimi due anni al Pirellone. Già responsabile dell’Ambiente e poi dell’Artigianato, Zambetti è il quinto assessore delle varie giunte di Formigoni a finire in carcere, dopo Guido Bombarda (Formazione professionale), Piergianni Prosperini (Turismo), Franco Nicoli Cristiani (Ambiente, Commercio) e Massimo Ponzoni (Protezione civile, Ambiente). E in questo momento è anche il tredicesimo consigliere regionale dell’attuale assemblea (su 80) a finire sotto inchiesta. 

Secondo il procuratore della Dda, Ilda Boccassini, «incidere sulla massima espressione della democrazia di un Paese, ovvero le elezioni, chiedendo voti alla criminalità organizzata è un fatto devastante per la stessa democrazia. Se l’anti stato riesce ad essere più forte dello Stato, vince sui meccanismi delle istituzioni, utilizzando la paura e l’intimidazione. Abbiamo avuto l’esempio di un candidato alle elezioni comunali d Rho, che ha rifiutato l’offerta dei voti della criminalità (arrivatigli attraverso un noto chirurgo ex Humanitas, ndr), ma che non ha minimamente pensato di presentare una denuncia in procura per quanto era accaduto. Così come, anche questa volta, abbiamo rilevato che decine di imprenditori hanno scelto la strada più facile, la connivenza, l’illegalità, anziché affidarsi alla legge».

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