Grillo fa lo spaccone «Renzi non sei nessuno»

Chi di rete colpisce di rete, a volte, perisce. Può capitare. È successo anche ad uno dei guru del web: Beppe Grillo. Domenica sera Daniele Sensi, blogger che dal 2008 monitora «la propaganda xenofoba, omofoba e antimeridionalista di Radio Padania», ha messo online sul proprio sito «L'Anticomunitarista» (ospitato nella sezione blog d'autore dell'Espresso), un video con uno spezzone di un vecchio spettacolo del comico genovese. Pochi secondi in cui Grillo parla dell'allora ministro Carlo Giovanardi e della sua raccolta di firme a sostegno di tre carabinieri accusati di aver pestato un marocchino. Fatto sta che, ad un certo punto, il comico si fa prendere la mano: «I marocchini o vengono qua e rispettano le regole o se no fuori dai coglioni. Però, vuoi dare una "passatina” a un marocchino che rompe i coglioni, lo prendi, lo carichi in macchina e, senza che ti veda nessuno, lo porti un po' in caserma e poi gli dai magari due schiaffetti. Ma in mezzo alla strada non è possibile. Oggi con un telefonino fanno succedere un casino». Il video ha fatto rapidamente il giro della rete. Ed immediata è scoppiata la polemica tra chi ha accusato Grillo di essere un razzista e chi, al contrario, lo ha difeso criticando l'opera di «propaganda» fatta utilizzando uno spezzone estrapolato dal contesto. In fondo, è la versione dei sostenitori del leader del Movimento 5 Stelle, la satira di Grillo si fonda sui paradossi e sulle provocazioni. Ma rivedendo il video integrale è difficile non notare che la platea, calorosa fino a pochi minuti prima, resta un po' spiazzata dalle battute del comico. E comunque non è la prima volta che le sua parole vengono «fraintese». Era già successo quando aveva paragonato mafia e politica spiegando che la prima «non ha mai strangolato il proprio cliente», mentre la seconda «strangola la propria vittima». Un elogio che non era piaciuto soprattutto a chi, a causa della mafia, ha perso i propri famigliari. Per ora il comico, che proprio domenica aveva attaccato (scomodando George Orwell) chi punta a trasformarlo in un bersaglio da abbattere, resta in silenzio e lascia che siano i suoi a portare avanti la battaglia. Forse anche perché, al momento, la sua attenzione è focalizzata su altro. Grillo ha infatti ingaggiato una vera e propria battaglia con il sindaco di Firenze Matteo Renzi che ormai, più dello «zombie» Pier Luigi Bersani, rappresenta un pericolo da risolvere. E in fretta. A nessuno sfugge, infatti, che i due hanno diverse somiglianze (ieri nel suo blog sul sito del Fatto Quotidiano, Giovanna Cosenza, docente di Semiotica all'università di Bologna, ha analizzato le loro similitudini linguistiche in un post dal titolo «Se Renzi insegue Grillo sul suo terreno» ndr). Il sindaco di Firenze ha sempre cavalcato i temi della lotta alla casta, a partire da quella formata dai big del suo partito. Inoltre è giovane e quindi non può essere inserito tra i «dinosauri» della politica tanto cari al comico genovese. Così Beppe snobba Bersani e si concentra su di lui. «Hanno bussato alla porta e non c'era nessuno - ha scritto ieri su Twitter -. Era Matteo Renzi». Un attacco che richiama una celebre frase di Fortebraccio, ma ha lo stesso effetto di Robert De Niro versione Al Capone che, in una scena degli Intoccabili di Brian De Palma, urla a Kevin Costner-Eliot Ness: «Sei solo chiacchiere e distintivo». Nel frattempo, mentre il leader del Movimento 5 Stelle alterna vittimismo («vogliono eliminarli») e spacconate da film, si allunga l'elenco dei suoi critici. Tra gli ultimi arrivati la vicepresidente del Senato Emma Bonino che, intervenendo a Radio Radicale, commenta: «Sull'incitare all'odio mi sembra che Grillo sia anche un buon maestro. Anche in Italia, come in altri Paesi, esiste una percentuale di voto populista o demagogico, che si è chiamato Di Pietro, Lega, e che oggi si chiamerà Grillo». «Ma non è questo che mi preoccupa - prosegue -. Quella che trovo importante è la mediocrità della classe dirigente, questa capacità immarcescibile di metter la testa sotto la sabbia, di parlare di alleanze e mai di contenuti e di prospettive di contenuto, che tenacemente insiste nel mantenere tutti gli aspetti di poca o nessuna trasparenza, che alimenta tutti questi fenomeni».
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