Grande Rutelli, è tornato radicale

Dalla Rassegna stampa

Scrivere in prima persona è sempre antipatico. Non si fa. Si rischia di essere noiosi e auto-referenziali. Lo so. Ogni tanto mi capita, lo ammetto. A volte, però, lo ritengo addirittura necessario, altre volte inevitabile. Altra storia. Stavolta, quindi, preferisco mettere le mani avanti (altra cosa che non si deve fare mai!) e chiedo ai lettori di Europa un pizzico di pazienza in più e quel tanto di magnanimità che possa evitarmi, almeno, l’accusa di egocentrismo.
Del resto, non capita tutti i giorni di scoprire che la propria prospettiva politica, la propria linea progettuale e pratica, connotata da una profonda ispirazione liberale e democratica, abbia tracciato il solco lungo il quale, ora, anche un leader come Francesco Rutelli si ritrova a camminare.
E così, scopro di essere l’anticipatore e, indirettamente, anche il suggeritore della sua “svolta”. Ma è assai plausibile (e forse storicamente riscontrabile) che, prima di noi, quel solco, l’abbia tracciato Marco Pannella. È possibile. Nel qual caso, credo che abbiano giocato un ruolo determinante l’inconscio di ciascuno e il carisma del leader radicale. Però, è giusto dirlo, Marco è il politico da cui entrambi abbiamo imparato. In modo diverso.
Ciascuno per sé. Evidentemente, l’origine di tale sintonia sta nell’aver frequentato la scuola radicale e, di conseguenza, di esserci laureati presso l’università popolare rappresentata da Radio Radicale, ora diretta da Massimo Bordin.
In altri termini, è anche un po’ colpa mia se si è creato un qualche trambusto dentro il Pd. Lo dichiaro pubblicamente: se non avessi avuto la sfrontataggine, in questo ultimo anno, di scrivere certe riflessioni politiche su Europa, forse Rutelli non avrebbe trovato l’ispirazione giusta per il suo libro e per il suo progetto. Infatti, l’idea di Francesco è simile a quella già realizzata da Radicali Italiani durante l’attuale segreteria di Antonella Casu: la nascita di un movimento laico, liberale e libertario posto al centro della scena politica e in grado di parlare con tutti, a destra come a sinistra. Anzi, sono cinquanta anni che i Radicali e Marco Pannella hanno realizzato tutto ciò. Insomma, se il 2 luglio scorso, non avessi personalmente scritto un articolo intitolato Lettera a un partito mai nato, che ha dato il titolo all’ultima fatica editoriale di Rutelli, forse le cose tra Francesco e il Pd non sarebbero precipitate in tal modo. Me ne assumo le responsabilità. Ma è indubbio che Francesco, nel suo libro La svolta. Lettera a un partito mai nato, abbia dimostrato di aver letto e condiviso le mie analisi politiche. Tale condivisione di idee mi fa pensare che quelle mie proposte, per fortuna, non sono rimaste lettera morta. E perciò: grazie Francesco! Del resto, è sempre un piacevole onore scoprire di aver disseminato spunti, proposte e intuizioni che poi hanno avuto modo di circolare tra le persone, negli ambienti più diversi, tra i politici italiani. Tutto questo, lo devo a Europa, che mi ha concesso la possibilità di far conoscere le mie analisi critiche attraverso alcuni articoli, spero arguti e stimolanti.
E lo ha fatto senza mai censurarli o tagliarli.
Sono contento che esista un giornale così. Perché riconosco il valore professionale e politico svolto dal quotidiano “democratico”, di nome e di fatto. Ammetto che tutti i miei pezzi sono stati sempre pubblicati integralmente, anche quando potevano apparire scomodi o critici nei confronti del Partito democratico.
E ora? Che cosa succederà? Noi radicali ci ritroviamo, dopo le primarie vinte da Pier Luigi Bersani, a destra del Pd. Perché i Radicali sono la “sinistra liberale” e, al medesimo tempo, sono anche gli eredi della “destra storica” di Cavour e Quintino Sella. Perciò non bisogna confonderci con la “sinistra radicale”. Casomai, sarebbe più corretto aggettivare quella “sinistra”, di cui non facciamo parte, con il suo nome proprio: estremista, comunista o massimalista.
Ma, per cortesia, non chiamatela più “Sinistra radicale”. Radicale è un sostantivo, non un aggettivo. I radicali sono liberali. Sono il centro liberale, libertario e non moderato della politica italiana.
La Fdp di Guido Westerwelle, per esempio, sembra aver preso come modello proprio i radicali di Emma Bonino, con tutti i distinguo del caso. Il gruppo liberale tedesco, infatti, uscito molto rafforzato dalle recenti elezioni politiche in Germania, ricalca l’idea di un partito riformatore posto al centro della scena politica e capace di essere contemporaneamente laico, liberale e libertario, sia in economia che sui diritti civili. Un partito in grado, perciò, di raccogliere consensi sia a destra che a sinistra, proprio come succede in Italia con i radicali di Marco Pannella. In effetti, le analogie tra i liberali tedeschi e i radicali italiani sono molte. Quello che però sorprende è che in troppi, nel nostro paese, si lamentano dell’assenza di una forza politica con queste caratteristiche mentre, qui da noi, un tale partito esiste da oltre cinquant’anni! Ma i più blasonati organi di informazione sembrano non volerlo ammettere o, peggio, non vogliono che si sappia.
Scrivetelo voi di Europa. E fatelo sapere. Mi raccomando! Post scriptum: un suggerimento a Bersani che ha definito il dialogo come «una parola malata»: caro segretario, aggiunga alle sue letture le opere di Guido Calogero.

© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK