Granata non si scusa Per il Pdl è già fuori

Dalla Rassegna stampa

Fabio Granata insiste: non mi scuso, nel Popolo della libertà la questione morale esiste. Il resto del partito, finiani esclusi, fa quadrato per allontanare il parlamentare siciliano dalla maggioranza, con deferimento ai probiviri. La polemica monta, in un centrodestra che affronta con fatica le ultime giornate di lavori parlamentari (alla Camera; a distanza di due giorni, vanno al voto la manovra correttiva e il disegno di legge sulle intercettazioni) prima della pausa estiva. «Se finisco io davanti ai Probiviri, vorrei che anche i Cosentino e i Verdini venissero processati dai giudici del partito», si difende il parlamentare siciliano. E sulla stessa linea si esprime anche un altro membro di punta della corrente pidiellina fedele a Gianfranco Fini, Italo Bocchino. Quanto al sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, accusato di non aver concesso la protezione al pentito Gaspare Spatuzza (che ha accusato il premier Silvio Berlusconi di aver avuto legami con la mafia, ndr), Granata parla soltanto di«un errore di valutazione. Tutto qui, nulla a che vedere con il sospetto di collusione con la mafia» per il numero due del Viminale. L'atmosfera si è fatta, però, pesante. E il costante controcanto dei politici che si riconoscono in Generazione Italia sta logorando profondamente la maggioranza di governo. Da più parti si chiede la testa del vicepresidente dell'Antimafia, perché, osserva il berlusconiano Amedeo Laboccetta, «visto che Granata ama fare il battitore libero, o, se preferisce, la mina vagante, lasci subito tale prestigioso incarico». Pur non citando la "pietra dello scandalo", il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sottolinea come «se qualcuno intende indulgere alla tesi complottista, al filo nero che tende a spiegare la storia della continua sconfitta della sinistra massimalista italiana, e delle sue diramazioni, o della vittoria del centro-destra adombrando collusioni e commistioni, questo qualcuno, militando nel Pdl, compie una scelta politica di campo, non di libero dissenso, ma di vera opposizione». C'è da notare che più di un mal di pancia si leva dalla stessa corrente dei dissenzienti finiani verso l'atteggiamento di attacco («da talebano» sussurra addirittura qualcuno) del parlamentare. Benedetto Della Vedova, radicale eletto nelle fila del Pdl, fauna-distinzione: «Da liberale e da radicale penso, come Fini, che occorra diffidare dal professionismo dell'antimafia», afferma rievocando un'espressione che campeggia sul sito di Granata, tuttavia dice di trovare «sinceramente ridicolo che la cifra del garantismo del Pdl sia la riesumazione del reato di opinione e l'espulsione di Granata». E altri fedelissimi della terza carica dello Stato sostengono che, in questa fase, sarebbe stato meglio gettare acqua sul fuoco delle polemiche nel partito, invece di abbaiare alla luna. Insomma, la mina vagante. Granata non agisce per il bene del centrodestra, né dell'ex leader di An. Sullo sfondo, intanto, c'è l'ipotesi di una telefonata-chiarimento fra Berlusconi e Fini che potrebbe avvenire entro agosto. Confrontarsi finalmente senza intermediari, per i due cofondatori del Pdl ormai ai ferri corti, sarebbe già una svolta.

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