Il governo tecnico non ha i numeri

Dalla Rassegna stampa

Gianfranco Fini fa il poliziotto buono e dice che «la permanenza nel partito e nella maggioranza non è in discussione?». E allora a fare il poliziotto cattivo ci pensa Alessandro Campi. Il direttore scientifico di Farefuturo nonché più ascoltato consigliori del presidente della Camera, perché sia chiaro che qui nessuno fa retromarcia, assolve al compito di proferire le parole più indigeste per Berlusconi: governo tecnico.
Intervistato domenica da Repubblica, Campi spiega senza troppi giri di parole che, se le cose vanno male, si aprirebbe la via per «un governo tecnico, di transizione con un solo punto all’ordine del giorno: l’eliminazione dell’attuale legge elettorale». L’idea, per inciso, non dispiace a Pier Luigi Bersani, che di «patto repubblicano» da stringersi con Fini va parlando da giorni suscitando malumori in ogni settore del Pd. L’uscita di Campi non ha mancato di guastare il week end a più di un maggiorente del PdL. Anche perché, a molti, sono risuonate nella mente le parole di Pier Ferdinando Casini. Era il 13 settembre 2009 e Casini, agli Stati generali del Centro (iniziativa peraltro che aveva ottenuto il plauso, corsi e ricorsi, di Gianfranco Fini) aveva buttato lì che «a fare una maggioranza contro Bossi ci mettiamo dieci minuti». Una frase che, le ferite del’95 mai del tutto rimarginate, non manca di far rabbrividire ogni berlusconiano degno di questo nome. A rasserenare i sonni degli azzurri, però, ci pensano i numeri. I quali dicono che il governassimo i voti non ce li ha. E, ad addolcire ulteriormente il quadro, non ce li ha proprio per i tentennamenti dei finiani. Esaminare la situazione alla Camera. A Montecitorio la maggioranza è di 316 voti. A sostegno di un eventuale governo tecnico ci sarebbero il Pd (206 seggi), l’Idv (24), l’Udc (39) l’Api (8), l’Mpa (4), i Liberaldemocratici (3) le minoranze linguistiche (3) e 4 deputati del gruppo Misto: totale 291. Cui si dovrebbero sommare i finiani. Ora, i deputati che avevano firmato il famoso documento pro-Fini erano 38: si schierassero tutti, la somma sarebbe 329. Solo che un conto è mettere una firma su un pezzo di carta, un altro è mettere la faccia su un governissimo. E, si arrivasse a tanto, i finiani pronti al grande passo sarebbero molti di meno. «Nemmeno la metà», si fa scappare un forzista doc. Ipotizzando dunque una quota finiana di circa quindici voti, i sì alla fiducia per un governo tecnico sarebbero poco superiori a quota 300. Idem per il Senato. Qui la maggioranza è di 161: Pd, Idv, Udc (in
gruppo con Svp e alcuni del Misto), Mpa e senatori a vita (incluso Pininfarina) dà 151. E l’ago della bilancia sono ancora i finiani. I senatori che hanno sottoscritto il documento sono 14. Basta che si sfilino in cinque - e tale stima è considerata assai al ribasso da radio Palazzo - e il governissimo finirebbe azzoppato anche a Palazzo Madama.

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