Il governo tecnico incubo del Cavaliere

Dalla Rassegna stampa

Non è dei migliori l'umore con cui Berlusconi riceverà stamane Umberto Bossi a villa Campari. Sono tre giorni infatti che il gran capo leghista picchia come un fabbro contro Casini, proprio mentre il premier sta facendo di tutto per allargare la sua rete ai centristi: un atteggiamento che Berlusconi giudica «incomprensibile» e che, in privato, ha stigmatizzato molto duramente. «NON capisco che bisogna c'era di insultarlo, di dare a Casini dello stronzo - si è sfogato ieri - proprio mentre io mi sto facendo in quattro per portarlo con noi. Ma cosa vuole Bossi? Io non lo capisco».
Anche l'insistenza della Lega per andare a elezioni anticipate rende il Cavaliere sospettoso. Tanto più che il vero incubo del Cavaliere è un governo tecnico, per il quale - gli hanno riferito Massimo D'Alema - avrebbe già trovato i voti a palazzo Madama. Il suo sforzo è dunque teso a raggiungere un numero sufficiente di deputati - finiani o non finiani - che gli consenta di vedere approvato il processo breve prima della fine dell'anno. E sembra che Bossi, puntando sul voto anticipato, stia invece facendo di tutto per rendergli la vita più complicata. «Il nostro ultimo sondaggio - ha confidato ieri a un amico - ci dice che l'85 per cento degli italiani sono contrari alle elezioni anticipate e chi le provoca rischia di pagarne il prezzo». C'è poi il problema dei rapporti con il mondo cattolico, come indicano non solo le ripetute critiche alla sua leadership da parte di Famiglia Cristiana, ma anche le recenti prese di distanza del cardinal Bagnasco sul federalismo «diseguale».
Oltretutto, e questo è il cruccio di Berlusconi, bisogna anche vedere se, in caso di crisi, Napolitano non riesca a favorire la formazione di un altro governo. Insomma, le incognite superano le certezze e consigliano al Cavaliere di muoversi con estrema prudenza, puntando in prima battuta a proseguire la legislatura. Al limite provando a ricercare un accordo «minimo» proprio con i finiani. Ormai nel Pdl sono in molti a teorizzarlo. E lo stesso Paolo Bonaiuti, voce ufficiale del premier, non fa mistero dì quale sia la bussola di palazzo Chigi: «La gente vuole che andiamo avanti, ci chiede di realizzare il programma. Contiamo sull'approvazione delle due mozioni con i 5 punti programmatici e ci aspettiamo che i finiani siano poi coerenti con quello che hanno votato in Parlamento. Insomma, si vanno a vedere le carte: mi pare comunque che i toni, da parte loro, siano già diversi rispetto a qualche giorno fa».
Il Cavaliere ci tiene particolarmente a questo percorso, tanto che sembra deciso a intervenire personalmente alla Camera o (più probabilmente) al Senato per illustrare egli stesso la mozione. Una sorta di nuovo discorso programmatico per «ripartire» e proseguire nella legislatura. Quanto a Casini, l'ultimo contatto telefonico con il Cavaliere risale a domenica scorsa, prima della caterva di insulti tra leghisti e Udc. Adesso il clima appare cambiato, anche se Berlusconi non demorde. Ma i suoi stessi collaboratori ammettono che ormai è un discorso che «riguarda il futuro». Il fatto è che il veto leghista appare insormontabile. Ieri, nella riunione a via Bellerio con Calderoli e Giorgetti, Bossi ha continuato a fare la voce grossa. L'analisi del vertice del Carroccio, come riferisce uno dei partecipanti alla riunione, è stata particolarmente nera. «Berlusconi - è il ragionamento che filtra da via Bellerio - si è fatto ingannare da quelli che gli dicevano che i finiani fossero quattro gatti. Il casino l'hanno combinato loro e spetta a loro adesso togliere le castagne dal fuoco. Secondo noi il momento per colpire duro è adesso, bisogna andare a votare ora che Fini è molto debole e il terzo polo non c'è ancora. Sia chiaro comunque che su Casini non faremo marcia indietro: con lui mai». Insomma, la tensione resta alta, nonostante dal vertice di oggi sul lago Maggiore nessuno ha interesse a far uscire un'immagine dei governo così indebolita e rissosa.
Ma di fatto gli interessi di Berlusconi e di Bossi, per la prima volta, non collimano. Persino nei dettagli i due non si trovano. Il premier infatti ha appreso con un certo stupore che l'invito a villa Campari sia stato esteso dai leghisti anche a Tremonti, quando lui avrebbe invece preferito un faccia a faccia con Bossi. Tanto che, a questo punto, non è escluso che si allarghi la delegazione anche a qualche altro uomo di peso del Pdl, per non lasciare da solo il capo. A raffreddare ulteriormente i rapporti c'è stata anche la netta chiusura del ministro dell'Economia sul quoziente famigliare. «Costa troppo, mi dispiace», ha tagliato corto Tremonti. La stima che si sono sentiti opporre i fautori della proposta (utile al dialogo con l'Udc) è stata di 2-3 miliardi di euro, a seconda della platea dei beneficiari.

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