Giovine sospeso dal Consiglio per lo scandalo delle firme false Il gruppo però rimane, gli subentra la sua portabors

A Palazzo Lascaris erano in molti a chiedersi le ragioni del ritardo sulla sospensione per Michele Giovine, l’uomo delle firme false ma anche delle serate al night club pagate con i fondi del gruppo Pensionati per Cota. La notizia è arrivata in via Alfieri a pochi giorni dalle feste natalizie, proprio nel momento del bilancio di fine anno dell’assemblea regionale. La decisione del Consiglio dei ministri datata 6 dicembre (legge 55 del 1990) è stata notificata ieri mattina. La beffa vuole che Michele Giovine, seppur sospeso, continui ad incassare metà della sua indennità, circa tremila euro lordi al mese. Stipendio pieno invece per Sara Franchino, sua collaboratrice con un contratto a tempo determinato al gruppo, che ha preso sin da ieri il posto sullo scranno della maggioranza, optando per mantenere in vita il gruppo Pensionati per Cota. Chiuso formalmente nel primo pomeriggio dall’Ufficio di presidenza e subito riaperto per volontà della sostituta, 98 preferenze alle ultime elezioni regionali. Trent’anni, praticante in uno studio di avvocato ma da due anni dipendente del gruppo, Sara Franchino ieri era a Palazzo Lascaris per seguire le pratiche che la riguardano: «Non sono la fidanzata di Michele Giovine. Continuano a scriverlo ma non lo sono - si accalora - La notizia della sospensione era attesa, ma non ci aspettavamo che arrivasse in questi giorni». Per Michele Giovine, che ieri in aula ha avuto la solidarietà di Carla Spagnuolo, Pdl, («Ci sono tre gradi di giudizio») la decisione romana era scontata: «Me lo aspettavo, certo».
Cosa accadrà con la sentenza della Cassazione? Se ci sarà una condanna, spiega il vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Placido, Giovine decadrà del tutto perdendo tutto il compenso e la sostituzione di Franchino sarà definitiva. In caso di assoluzione invece lui verrà re-integrato e la sua collaboratrice uscirà di scena. Ma i soldi non saranno restituiti, chiarisce ancora Placido. Sul piano politico le conseguenze sul piano politico saranno rilevanti. Dopo la condanna in appello a due anni e otto mesi, un eventuale giudizio negativo da parte della Cassazione assesterebbe un altro colpo alla giunta di Roberto Cota.
È tempo di tornare alle urne, è il commento corale dell’opposizione alla notizia di ieri. Un atto dovuto che arriva in ritardo, dice il capogruppo del Pd Aldo Reschigna: «Un altro capitolo di illegalità su cui è nato il governo Cota. Sarebbe ora che il presidente della Regione accettasse una verità che è evidente a tutti e si dimettesse». Purtroppo dice l’ex-presidente della Regione Mercedes Bresso i miei appelli di mesi al ministro Cancellieri perché non si procedesse alla sostituzione di Giovine non sono stati accolti.
I radicali Igor Boni e Giulio Manfredi insistono, sostengono che ci sono almeno due buone ragioni per non essere contenti della sospensione: «Mentre prima la Regione pagava n solo stipendio adesso ne pagherà uno e mezzo. Il problema non è Giovine ma la sua lista. In
Consiglio ci sarà una eletta che non doveva esserci poiché candidata in una lista che secondo due gradi di giudizio era costruita su firme false». Di paradosso parla il movimento 5 stelle: «Alla fine la Regione pagherà di più.
Speriamo almeno che alla fine dell’iter giudiziario i soldi saranno restituiti». Una soluzione che costerà molto cara alla Regione, insiste la capogruppo di Sel Monica Cerutti.
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