Giovine non molla Ricorso in Cassazione

Dalla Rassegna stampa

 

Elezioni regionali, nuovo round sulla vicenda delle firme false che da due anni pende come la spada di Damocle sul governo di Lega e centrodestra in Regione. Michele Giovane, «enfant terrible» della maggioranza guidata da Roberto Cota, rilancia. Lo ha fatto presentando ricorso in Cassazione: l’ultimo miglio per il consigliere dei Pensionati, e non solo lui, condannato in primo grado e in Appello a 2 anni e 8 mesi per aver certificato firme false nella tornata elettorale che defenestrò Mercedes Bresso e il centrosinistra da piazza Castello.

 

La conferma arriva da Giovanni Nigra, uno dei penalisti che assistono Giovine. Mossa in anticipo, quella del consigliere - ormai politicamente isolato all’interno della sua stessa maggioranza - che aveva tempo fino al 20 ottobre per presentarsi al terzo grado di giudizio. Una mossa che punta ad allungare la fine della partita - nel caso, non avesse presentato ricorso la sentenza di Appello sarebbe diventata definitiva - e presumibilmente a disinnescare il Tar Piemonte convocato l’8 novembre. Nell’occasione, i giudici del Tribunale amministrativo avrebbero potuto prendere atto del passaggio della condanna in giudicato e decidere nel merito: il che avrebbe significato l’annullamento del voto del 2010, lo scioglimento del Consiglio e il ritorno alle urne da parte dei piemontesi in tempi ragionevoli: con le conseguenze politiche del caso. Ora non è escluso che il Tar decida di sospendere il giudizio.

 

Per questo Giovine ha deciso di tirare dritto: l’istanza è già stata depositata in cancelleria attraverso il patrocinio dell’avvocato romano Carlo Guglielmo Izzo. Almeno sette le motivazioni del ricorso: l’inosservanza di norme processuali , la violazione del diritto di difesa (con riferimento ad alcune testimonianze non accolte negli altri gradi), l’irregolarità nell’accoglimento delle parti civili (vale in particolare per i Radicali e i Pensionati di Luigina Staunovo Polacco), il tribunale «naturale» deputato a celebrare il processo, la quantificazione delle pene comminate. Una boccata di ossigeno anche per Cota e la sua maggioranza: forti delle loro ragioni, ribadite in tutte le sedi, ma costretti a governare con l’assillo di un orizzonte limitato.

 

Da qui la perplessità di chi, nei giorni scorsi, dava Giovine in procinto di gettare la spugna precipitando nel baratro Cota e la maggioranza. Tanto più che i rapporti tra il consigliere dei Pensionati e il governatore sono al lumicino. Emblematica la seduta del Consiglio regionale di mercoledì, quando a fronte dell’ostruzionismo praticato da Giovine contro la delibera che dispone la riduzione dei consiglieri nella prossima legislatura (da 60 a 50) Cota lo ha minacciato di cacciarlo dalla maggioranza. E non è detto che non accada visto che il destinatario dell’avvertimento ha sbloccato i lavori dell’Aula salvo votare contro il provvedimento. Tranne Maurizio Lupi, consigliere dei Verdi Verdi, anche le linee di comunicazione con i colleghi di Lega e Pdl sono tagliate.

 

Non a caso, qualcuno aveva letto nelle parole di Giovine - «Non mi sono mai sentito parte di questa maggioranza, me ne farò una ragione e Cota si farà la sua» - qualcosa di più che una manifestazione di amarezza. Niente da fare: si va in Cassazione, con tempi che slitteranno a marzo-aprile del 2013. Partita aperta: per quanto, ancora, non è dato sapere.

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