Giorgio, fatti più in là: Grillo s'allarga e punta al Quirinale

Dalla Rassegna stampa

La parte più semplice del «piano», soprattutto se orchestrato da un guru del web del calibro di Gianroberto Casaleggio, sarà quella relativa alla scelta dello slogan. Magari alla fine punterà sul sempreverde «Beppe for presidente, semplice a efficace. Oppure riadatterà il ritornello della canzone di Antonello Venditti che ha già citato una settimana fa: «Bomba o non bomba noi arriveremo al Colle». L'unica cosa certa - a sentire quel che si mormora in quella zona grigia che sta nel triangolo fra il Movimento 5 stelle, l'Italia dei valori e il vecchio network dei girotondini - è proprio l'esistenza del piano. Un piano che porta dritto dritto alla candidatura di Beppe Grillo al Quirinale.

Fantapolitica? Tutt'altro. Il comico genovese, insieme con Casaleggio, avrebbe istruito la pratica studiando il precedente che nel 1999 portò i radicali a fare il pieno di voti alle europee sfruttando proprio la concomitanza con la fine di un settennato, che nella fattispecie era quello di Oscar Luigi Scalfaro. Partendo da un sondaggio Swg, secondo cui il 31 per cento degli italiani avrebbe voluto Emma Bonino presidente della Repubblica, la premiata orchestra di Marco Pannella, sostenuta dalla stampa internazionale e da testimoniai di lusso (da Indro Montanelli a Lucio Dalla), imbastì una campagna mediatica che portò le liste dei radicali a sfiorare il 9 per cento nazionale. Un record mai più battuto.

Grillo ha intenzione di muoversi allo stesso modo, candidandosi pubblicamente alla successione a Giorgio Napolitano, uno dei suoi bersagli preferiti, con l'obiettivo di incrementare i voti del Movimento 5 stelle alle elezioni politiche. Dove può arrivare una campagna «Beppe for president? Di certo c'è che le condizioni di partenza da cui si muove il comico genovese sono nettamente migliori di quelle dei radicali del '99. Stando ai sondaggi, il suo movimento avrebbe virtualmente superato il Pdl. Non solo, a prendere per buoni i dati pubblicati da Renato Mannheimer sul Corriere della sera del 27 maggio, «un italiano su tre simpatizza per i grillini». Certo, il capo carismatico ha da chiudere, e pure in fretta, la faida interna che lo vede opposto ad alcuni dei suoi sindaci eletti, a cominciare dal golden boy parmigiano Federico Pizzarotti. Poi potrà lanciare la campagna per il Quirinale. Prima dell'estate? Dopo l'estate? Sul timing c'è incertezza.

Come c'è incertezza sulla possibilità che «Beppe» rispetti la promessa fatta sul suo blog il 16 settembre 2005. Quando, nel raccontare dell'incidente stradale del 1980 che lo costrinse a una condanna per omicidio colposo, giurò solennemente: «Non mi candiderò al Parlamento». Ma il Quirinale è altrove.

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