La gioia di assistere i disabili: grido di speranza, non di dolore

Non si placa la polemica intorno alla trasmissione di Fazio durante la quale Saviano, citando il caso Welby, ha parlato a favore dell'eutanasia. Sull'«Avvenire» di ieri la signora Margherita Caruso Coletta, che aveva avuto occasione di visitare più volte Eluana Englaro sopita nel suo interminabile coma, invoca un diritto di replica invitando Fazio a dare voce anche a chi è contro l'eutanasia. Perché se la disabilità è circondata da amore - sostiene con fermezza - tutti i problemi e tutte le difficoltà risultano ridimensionate. Vero è senz'altro che quasi sempre bambini e ragazzi disabili, anche assai gravi, sanno farsi amare in modo molto speciale, non soltanto dai familiari che, infatti, si affezionano loro in modo quasi viscerale, sacrificandosi in ogni modo per questi sfortunati figli e fratelli, ma anche dagli amici, dai conoscenti, da quanti hanno occasione di frequentarli.
È un piccolo miracolo che sovente si ripete e che rende meno ostica, meno ingrata non solo la vita dei disabili ma, insieme, anche quella di coloro che, parenti o non parenti, si prendono cura di loro. Per gli uni e per gli altri l'handicap non è dunque sempre solo causa di sconforto, afflizione e frustrazione, bensì - grazie all'amore che sa suscitare - anche di gioia e consolazione.
La signora Margherita Caruso Coletta rivendica le stesse consolazioni per chi assiste giovani in stato vegetativo. Lei ne ha l'esperienza e non si può che crederle sulla parola. Tuttavia, prescindendo dalla trasmissione di Fazio e dal monologo sull'eutanasia, è anche doveroso riconoscere che non sempre i congiunti riescono, per interminabili anni, a tenere appassionatamente speranzosa e viva la fiamma d'amore per i congiunti immobili in un letto, incapaci di comunicare se non forse con gli occhi. C'è, infatti chi, negli occhi dei suoi malati, sa leggere, come la signora Caruso, lunghi discorsi silenziosi su quanto sia bello vivere perfino così, ma c'è, per contro, anche chi non riesce a cogliervi altro se non uno straziante grido di disperazione.
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