Giochiamo un'altra partita

Dalla Rassegna stampa
Berlusconi non ha numeri per proseguire. In 300 neppure alle Termopili hanno resistito due anni e mezzo. Per fortuna di tutti noi mancano dunque i numeri per le vagheggiate grandi riforme cioè la parte tuttora inattuata del programma della P2 e per somma sfortuna della Lega anche le risorse per l'attuazione del federalismo. Per questo Bossi ripete come un mantra al voto, al voto. Secondo i sondaggi Berlusconi potrebbe, al netto degli indecisi, rivincere le elezioni. Nel rastrellamento del voto degli indecisi in campagna elettorale egli è poi maestro, come disgraziatamente ogni campagna dal 1994 ad oggi ha dimostrato, anche quando, per due volte, è stato sconfitto da Prodi e da coalizioni di centrosinistra. La dinamica della campagna elettorale è chiara: le regole della partita comunicativa sono truccate. I meccanismi che regolano il consenso fluttuante sono perlopiù nelle mani del grande imbonitore.
Premi e sbarramenti
La legge elettorale inoltre tra premi di maggioranza e soglie di sbarramento premia oltre misura la maggiore coesione del blocco Pdl-Lega, che è in assoluto largamente minoritario nel Paese, ma relativamente maggioritario tra i votanti. Berlusconi ci tiene in scacco con la maggiore e più coesa delle minoranze. La nomina diretta degli eletti ne rafforza ulteriormente il potere e la furia devastatrice. La disinvoltura dissolutiva del Pdl sarebbe tale se i suoi candidati dovessero misurarsi a colpi di preferenze, se lo scioglimento delle camere fosse per ciascuno un salto nel buio e per alcuni un mandato di cattura? Quindi la legge elettorale cui aspiriamo dovrebbe eliminare sbarramenti e premi, consentire una scelta tra i candidati, impedire la candidatura ai gaglioffi. Non altro per carità. Ripristinate le regole Berlusconi può essere battuto. Siamo però sospesi ed incerti tra il dovere della attuale opposizione parlamentare di provare a ripristinare le regole del gioco democratico, e l'esigenza di affrontare a breve termine la competizione elettorale. Se la sfida parlamentare fosse vinta, anche se personalmente ne dubito non poco, andremmo ad elezioni in condizioni tali da potere giocare un'altra partita.
La casa dal tetto
Ma anche se non si dovesse riuscire e non ci vuol molto a constatarlo, andremmo comunque ad elezioni in condizioni migliori di quelle attuali. Quanto accaduto nella notte elettorale dell'aprile 2006 non è facile dimenticarlo. Piuttosto domina l'ansia per la individuazione del primus inter pares, vuoi anche attraverso le primarie. Un po' come fare la casa dal tetto. Vendola all'indomani delle elezioni pugliesi ha aperto le danze. Bersani era già in campo per statuto, poi sono giunti a mezzo stampa Bonino e Chiamparino e, last but not least De Magistris, le cui dichiarazioni meritano un capitolo a parte. Ci interessano e interessano i cittadini. Quali contenuti possono tenerci insieme non tanto e soltanto per battere Berlusconi, che è cosa buona e giusta, ma per governare il Paese? E qual è su quei contenuti il perimetro della coalizione? Non possiamo permetterci un programma eclettico di centinaia di pagine, dico tre cose determinanti per l'atteggiamento degli elettori della Federazione della Sinistra. Una azione forte per la tutela di tutti i lavoratori nei fatti subordinati per il superamento della condizione di vi- ta precaria cui sono soggetti anche a causa della degenerazione globale del capitalismo. Un investimento massiccio di attenzione e di risorse nell'istruzione pubblica e nella cultura per sconfiggere il rincoglionimento (proprio così voglio chiamarlo) mediatico e l'analfabetismo sostanziale, brodo di coltura della criminalità organizzata al sud e del populismo al nord. Un'azione coraggiosa e riequilibratrice sulla leva fiscale, ispirata agli articoli 1 e 3 della Costituzione. Come comunisti ed ancor prima come cittadini che vivono solo del proprio lavoro denunciamo il fatto che i lavoratori subiscono una imposizione fiscale almeno doppia rispetto a chi lucra su titoli e speculazioni finanziarie. Un ordine di priorità programmatiche, perché fare seriamente politica è dire cosa farai prima e cosa dopo, nel tempo che ti è concesso e con le risorse date, per sapere da chi quelle priorità possono essere portate avanti. Non vogliamo essere tardo-comunisti, né stare alla finestra e lanciamo la sfida dei contenuti, a partire da tre cose qui sopra. Abbiamo portato nel terzo millennio i simboli del lavoro e dell'uguaglianza, trasformiamoli in contenuti condivisi. Il nome del leader sarà conseguenza delle cose. Anche fuori dei soliti schemi.

 

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