Il giallo dei due video della sparatoria in mare

Dalla Rassegna stampa

Un punto di mare imprecisato nello stretto di Sicilia. Una nave della Marina avvicina uno sgangherato barcone, che tenta la fuga. Dall’unità militare partono raffiche di mitraglia, alcune finiscono in acqua, altre sembrano raggiungere la barca non meglio identificata, che verrà trainata dal mezzo tricolore ma, poco dopo, affonderà. È uno dei video che l’ex deputato e attuale tesoriere del Partito radicale Maurizio Turco e il segretaria del Partito diritti dei militari Luca Comellini mostreranno domani mattina alle 10 nel corso di una conferenza stampa convocata a Montecitorio, chiedendo un’indagine sull’episodio. La procura militare sarebbe già in possesso delle immagini.

I fatti risalirebbero (in questa vicenda il condizionale è decisamente d’obbligo) al 9 novembre 2013, la data memorizzata sul video, che parte alle 16.26 e si conclude alle 16.50. Occorre procedere con molta cautela perché i frame sono corti e non è possibile capire come siano andati esattamente i fatti. Siamo in piena operazione Mare Nostrum, scattata il 18 ottobre scorso e che, in cinque mesi, ha consentito di salvare quasi 17 mila vite umane con uno sforzo encomiabile della nostra Marina. E siamo in mare aperto. L’imbarcazione italiana si avvicina al barcone, condotto probabilmente da alcuni trafficanti di uomini, che non dà segno di volersi far «catturare». Dalla mitragliatrice pesante di bordo parte una prima raffica di avvertimento. Poi, dopo una breve pausa, una seconda. Le pallottole sembrano finire in acqua. Ma non è finita. Il mitra «sputa» otto colpi singoli in rapida successione. Il barcone tenta di allontanarsi, vira a dritta e a manca, cambia direzione. Invano. L’unità militare, più grande e veloce, gli sta sempre alle costole. E continua a sparare. Ancora colpi singoli, almeno 8-9, che questa volta sembrano rimbalzare sul bordo dell’imbarcazione. Si sente il rumore dell’impatto dei proiettili sul metallo. Il video si conclude.

Il secondo film, ha la data del giorno successivo, il 10 novembre. Sono le 9,20. Il barcone (presumibilmente lo stesso del giorno precedente) viene trainato dalla nave militare alla quale è assicurato con due grosse cime. Ma imbarca acqua e, a un certo punto, affonda. Lo lasciano andare, almeno così pare, perché a questo punto le immagini si interrompono. A bordo, comunque, non ci sono persone. Ma su youtube è disponibile un altro video, che sembrerebbe collegato ai due di cui parliamo sopra. È la sera del 10 novembre, siamo in un porto italiano. Il comandante della fregata Aliseo, Massimiliano Siragusa, risponde alle domande dei cronisti. «Comandante, ci può spiegare le fasi dell’operazione?», gli chiedono. Lui spiega che l’operazione è al vaglio della Procura di Catania e quindi non può entrare nei dettagli, precisa che «è stata portata a termine riuscendo a individuare un’unità-madre (le navi-madre trainano i barconi ndr), che trasportava un altro natante con degli immigrati a bordo. E nave Aliseo» ha cercato di «fermare coloro che avevano evidentemente, dalle immagini che siamo riusciti ad avere, perpetrato questo crimine.

Siamo riusciti a fermarli - continua il capitano - li abbiamo portati a bordo e sono in questo momento a disposizione delle autorità giudiziarie competenti per le indagini del caso». I giornalisti chiedono se la nave-madre è affondata. La replica è positiva: «Purtroppo, per condizioni dovute alle avverse condizioni meteorologiche, la nave è affondata. Stamane». L’intervista è finita. I dubbi restano. Le dichiarazioni del capitano Siragusa sono relative, come appare quasi certo data la successione cronologica, ai due video che radicali e partito dei militari presenteranno domani mattina? Se è così, perché il comandante dell’Aliseo non ha specificato che il barcone-nave-madre era stato preso a mitragliate? E, per concludere, sono stati i colpi di mitraglia pesante ad affondare il natante con i presunti scafisti? Da noi contattata la Difesa si è limitata a un «no comment», aggiungendo che l’operazione era nota e che gli arrestati sono presunti scafisti.

 

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