Giù le tasse, Tremonti in bilico

Come se non bastassero gli strascichi di vecchie polemiche, si addensa sul governo una nuvolaglia nera, e non promette nulla di buono. I primi goccioloni sono già caduti in capo a Tremonti. Lui soprattutto rischia di prendersi una lavata per vari motivi, alcuni dei quali strettamente tecnici. Il problema è che un ministro dell’Economia raramente viene giudicato per la sua perizia; di solito chi ha in mano il portafogli è amato se incline ad aprirlo; se viceversa non molla un euro neanche ad ammazzarlo, è detestato. E Tremonti ha fama di essere, governativamente parlando, uno spilorcio. Quindi immaginate di quanta simpatia goda presso i colleghi. Molti dei quali gliel’hanno giurata e si danno un gran da fare per non tradire il giuramento. Va da sé, ci auguriamo che le nuvole siano spazzate via da un imminente cambiamento del vento, ma se ciò non succedesse purtroppo ne vedremmo delle brutte. Anche perché esiste un precedente memorabile, e si sa che in politica la tendenza a ripetere sempre gli stessi errori è forte. Alludo alla legislatura 2001-2006. Le cose procedevano fra alti e bassi (Torri Gemelle abbattute, Borse in crisi, allarme sociale, no global e altre delizie) quando, più o meno come ora, il cielo degli azzurri si rabbuiò c in una notte tempestosa Tremonti perse la cadrega onorevolmente occupata per tre anni. Nel senso che fu costretto a dimettersi causa pressioni dei soliti amici-nemici stanchi di bussare a cassa invano. All’Economia fu chiamato Siniscalco tra applausi e urrà. Si illudevano, i postulanti, fosse giunto il momento felice di attingere. Peccato che Siniscalco, come il predecessore, fosse in bolletta marcia e non potesse sganciare. Così pure lui venne allontanato in malomodo. La coalizione non sapendo con chi sostituirlo, e consapevole che al peggio non c’è fondo, pensò bene di restituire il ministero a Tremonti con tante scuse: ci siamo sbagliati. Perché ho rammentato questo simpatico episodio di stupidità collettiva? Perché dalla stupidità è difficile guarire e temo una ricaduta esiziale. Nel Palazzo gira un documento orfano, o figlio di gente che non consente di essere nominata, in cui si dice il contrario di quello che Tremonti fa e intende continuare a fare per il bene del Paese. Chi ha ragione, lui o gli anonimi estensori del suddetto documento? Non ho titoli per rispondere al quesito. Posso solo costatare che fino adesso il ministro ha ottenuto risultati apprezzati dovunque e da chiunque (eccetto gli sbandati dell’opposizione). L’Italia ha controllato la crisi pur mantenendo i conti pubblici entro limiti accettabili; la disoccupazione è inferiore alla media europea; gli ammortizzatori sociali hanno funzionato; non si segnalano morti per fame. Segno che ce la siamo cavata. Il merito va distribuito fra i componenti. del gabinetto, Berlusconi e Tremonti in testa. Certo che dopo un anno e mezzo di barili raschiati e di sacrifici, i responsabili dei dicasteri vari desiderano finanziare i loro progetti e compiere un passo avanti. Ma Tremonti non dà una palanca e il mugugno si sta trasformando in mobilitazione per obbligare il professor Giulio a invertire rotta. Di qui la diffusione del documento di programmazione ombra che ha creato turbolenze. C’è da preoccuparsene perché potrebbe segnalare l’inizio della fine qualora non si provvedesse subito a riparare i guasti. Vediamo di spiegare, se ci riusciamo. Tremonti comprensibilmente è un po’ scocciato. Ogni volta che apre bocca gli saltano addosso. Un paio di giorni orsono ha detto una cosa alla Catalano: meglio avere un posto fisso che precario. Come d’altronde è meglio essere precari che disoccupati. Un concetto che chiunque sottoscrive? Nossignori. A destra quanto a sinistra c’è stata una sollevazione, quasi che il ministro avesse fatto la pipì in chiesa. Dato il pandemonio scatenato da quella frase, forse sarebbe stato meglio non pronunciarla. Però occorre aggiungere che qualsiasi pretesto è colto a volo per andare contro Tremonti. Matura il sospetto che questi sia predestinato a ricoprire il ruolo scomodo del capro espiatorio. O c’è altro che contribuisce a rendere elettrica l’atmosfera? C’è, eccome se c’è dell’altro. Per esempio il fatto che Berlusconi abbia in mente di abbassare le tasse, partendo dall’Irap per giungere ai prelievi dai redditi personali. È convinto che per assecondare la ripresa, i cui sintomi sono evidenti, sia necessario stimolare le imprese a investire di più e gli italiani ad aumentare i consumi. Secondo il premier, mandando in circolazione più soldi da spendere, gli introiti per lo Stato non ne soffrirebbero. Opinioni non campate in aria, però opinioni. E Tremonti non le condivide. Teme che il calo delle entrate non sia poi compensato dall’incremento degli affari che dovrebbe produrre un allargamento della base dei contribuenti. Sicché i due hanno discusso e sono rimasti ciascuno della propria idea. Ignoro gli effetti della diatriba, se si può definire tale. La speranza è che non degeneri, altrimenti si andrebbe verso il pericolo di una instabilità per il governo dalle conseguenze negative. Perché un conto sono i malumori in Consiglio dei ministri cui abbiamo accennato sopra, un altro conto è una frizione fra il Presidente e il ministro dell’Economia crocevia di ogni decisione finanziariamente rilevante. L impensabile cioè che una riforma urgente del sistema fiscale si avvii in presenza di un disaccordo Berlusconi-Tremonti. Senza collocare il carro davanti ai buoi, si può supporre che il Cavaliere non rinuncerà al proposito di abbattere le tasse e che Tremonti si arroccherà sulle proprie posizioni. Dopo di che? Gli scenari non sono tranquillizzanti. Il peggiore sulla carta non esclude una crisi di governo e quindi lo scioglimento delle Camere, preludio a elezioni anticipate da svolgersi in coincidenza con le regionali. Peggiore sulla carta, dicevo, ma nella realtà il voto potrebbe rivelarsi utile onde sgomberare il campo da troppe incomprensioni nell’ambito della maggioranza e fra i centristi. I quali da tempo sono inquieti e lavorano alla formazione di un partito non dico nuovo, ma rinnovato da una sorta di rimescolamento delle carte nell’area che non sta né di qua né di là e naviga in una zona grigia. Mi riferisco a personaggi privi di fissa dimora come Casini, lo stesso Fini, Rutelli e forse Montezemolo ovvero un gruppo con cui il Pd ambisce dialogare. Ora giù le tasse. Ma salvate Tremonti Ogni volta che il professore apre bocca gli sparano addosso, e anche con Berlusconi è in disaccordo sul taglio delle imposte Meglio che la situazione non degeneri: nel2004fu sostituito e poi richiamato con tante scuse. Un caso di stupidità collettiva Quanto a Berlusconi, nell’eventualità di consultazioni avrebbe facoltà di rinfrescare le sue liste, mondandole da frondisti sospetti. In tutto questo che linea tiene la Lega? Ecco il quesito delle cento pistole. Per ora, Bossi ringhia. Morderà?
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