Genitori naturali, il "segreto" cade dopo 25 anni

Cent’anni. Come dire mai. È il tempo che il Codice sulla privacy prevede che debba passare perché un figlio non riconosciuto possa scoprire chi sono i suoi genitori naturali. Una condanna per circa 400mila persone. Ragazzi e ragazze adottati da piccoli, uomini e donne ormai adulti che mai rinnegherebbero quella mamma e quel papà che li ha accolti e cresciuti, ma che non vogliono rinunciare a riempire il buco nero dato dall’incertezza delle proprie origini. Dicono che sia un’esigenza che sentono tutti prima o poi. Un desiderio finora irrealizzabile, per quelli che una volta chiamavano "i figli di n.n.". Qualche mese fa, la deputata del Pd Luisa Bossa ha presentato una proposta di modifica della legge su adozione e affidamento dei minori. Che, tra l’altro, nemmeno parlava del tetto dei 100 anni (introdotto nel 2003), ma dava per assodato che non si doveva sapere mai. La proposta punta a vincolare il segreto per 25 anni. Trascorso questo tempo, i figli non riconosciuti potranno rivolgersi al Tribunale dei minori per richiedere l’accesso alle informazioni sulla propria origine: la procedura di adozione, i dati sanitari, la permanenza in istituti, per esempio. Per rendere nota l’identità dei propri genitori naturali toccherà allo stesso tribunale chiedere il consenso agli interessati. Due le vie possibili a questo punto: confermare l’anonimato oppure revocarlo.
«Una soluzione di compromesso» commenta la deputata Bossa. E spiega: «Da un lato si tutela il diritto della madre a rinunciare a riconoscere; al proprio figlio, un diritto civile conquistato dopo anni e anni di battaglie. Dall’altro, viene garantita ai figli la possibilità di ricostruire la propria identità». La proposta di legge - ora in seconda Commissione giustizia - prevede anche che, qualora la madre sia deceduta e il padre sconosciuto o, anche lui, deceduto, il tribunale, attraverso una propria indagine, possa comunicare al figlio la presenza di eventuali patologie ereditarie trasmissibili. «Informazioni - rimarca Bossa - talvolta fondamentali e che oggi purtroppo sono negate». Con la modifica si creerebbe una situazione di parità nell’accesso alle origini, tra i figli non riconosciuti e quelli riconosciuti, a cui la riforma dell’adozione formulata con la legge 149 del 2001, già dava la possibilità di richiedere, al Tribunale dei minori, il nome dei genitori naturali una volta compiuti 25 anni. Sulla questione, nel 2012, la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia affermando che la legge attuale è troppo sbilanciata a favore degli interessi della madre, a discapito di quelli del figlio. Ma ad oggi l’unica strada per ricostruire le proprie origini è affidarsi al web. Faegn (Figli adottivi genitori naturali), nato 12 anni fa per iniziativa di Luisa Di Fiore, come Astro Nascente, è uno dei siti a cui si rivolge chi vuole rintracciare i genitori naturali: migliaia le richieste di aiuto. Ci sono decine di appelli nuovi quasi ogni giorno. Qui come sui forum, nei blog e sui social network. Nel 2008 è nato anche il Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini, che da anni si batte perché la legge che impone la "punizione dei 100 anni", come la chiama qualcuno, venga modificata. «Un principio anacronistico e punitivo - lo bolla la presidente Anna Arecchia - Perché non è possibile - che ci siano persone condannate a crescere senza poter conoscere la loro storia».
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