Generazione Telemaco (in attesa di crescita)

Dalla Rassegna stampa

Se Matteo Renzi voleva contrapporre la passione della «generazione Telemaco» al banale burocratese di una Europa stanca, il suo debutto al Parlamento di Strasburgo è stato un successo e l’intervento di José Manuel Barroso gli ha dato ragione a tempo di record. Ma se il premier si proponeva di coinvolgere l’Aula in una svolta programmatica, se intendeva spiegare in concreto quali cambiamenti favorevoli alla crescita l’Italia sosterrà nel semestre, allora il discorso tenuto ieri difficilmente troverà posto tra i momenti decisivi della storia europea.

Sarebbe ingenuo pensare che Renzi non abbia calcolato le sue scelte: a lui interessava scuotere un albero che tutti considerano malridotto, stimolare valori comuni spesso dimenticati, ricordare con orgoglio radici di civiltà lontane (guarda caso greche e romane), e poi passare al moderno indicando genericamente nella crescita l’unico futuro possibile per l’Europa. Non voleva, il presidente del Consiglio, mettersi a parlare di parametri cifrati o di «flessibilità» molto annunciate in Italia ma in concreto tutte da definire. E così ha fatto, almeno fino a quando la parola è passata ai deputati e il capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber, gli ha rovinato il tragitto previsto.

Come se non avesse ascoltato le vaghezze economiche contenute nel discorso di Remi, Weber ha preso di petto «l’idea di tempi più lunghi per rispettare i parametri del deficit e del debito» . Allora, nella replica, si è visto un altro Renzi. Se Weber parlava a nome del Ppe, non è aggiornato. Se parlava a nome della Germania, provi a ricordare quando si dovette concedere flessibilità alla Germania che era fuori dai parametri. E poi niente pregiudizi e niente lezioni all’Italia, da nessuno. Insomma, l’esibizione prevista soft è diventata aspra al- l’improvviso, come se una misteriosa sirena avesse suonato l’allarme per passare dai voli pindarici alla assai più difficile realtà europea. Il ghiaccio sotto i piedi di Renzi è dunque piuttosto sottile, ma va detto che prima dell’incidente con Manfred Weber il presidente del Consiglio ha seguito con abilità la traccia che si era proposto.

Un giovanile selfie, ha detto parlando a braccio, ci mostrerebbe una Europa stanca, annoiata, forse rassegnata. Bisogna avere il coraggio di reagire, di ritrovare la sua anima e la sua identità che non si esauriscono nella lotta alla crisi finanziaria. Attenzione: sulla crisi finanziaria e le questioni economiche in generale «ci faremo sentire con forza». Ma non qui e non oggi, per ora basterà ribadire che l’Italia non chiede di cambiare le regole, è decisa ad osservare come priorità l’attuazione delle riforme a casa propria, e «non si rivolge all’Europa per avere, bensì per dare». In parole meno roboanti, la nostra presidenza si batterà per ricordare che il patto di stabilità si chiama anche «di crescita», e che risiede appunto nell’incoraggiamento della crescita l’unica speranza di riscatto dell’Italia e dell’Europa intera. Remi ha insistito molto sulla politica estera, forse per incoraggiare la candidatura di Federica Mogherini, che sedeva al suo fianco come vuole il protocollo, alla carica di Alto rappresentante.

Il premier ha citato la Libia, collegata al dramma dell’immigrazione che l’Europa dovrà alleviare. Il Medio Oriente, dove «i ragazzi devono poter crescere», i palestinesi hanno diritto a una patria e Israele non ha soltanto il diritto ma anche il dovere di esistere «per ricordare a tutti noi i valori della memoria e del futuro». Le donne cristiane vittime di violenza, dal Pakistan al Sudan alla Nigaia. E poi l’Ucraina con il suo desiderio di libertà e di Europa, ma «non possiamo costruire l’Europa contro il nostro più grande vicino» (la Russia, ndr). E ancora mano tesa alla Gran Bretagna in tema di semplificazione delle istituzioni, l’Europa come «faro di civiltà», la «generazione Telemaco» che deve anche lei cercare, viaggiare, meritarsi l’eredità di Ulisse cioè dei fondatori.

Un Renzi doc, che nella foga ha anche commesso qualche errore: nulla sui marò nemmeno nella replica, il punto stampa saltato perché una serata tv lo attendeva a Roma. Poco male, se il Premier vincerà la partita che conta e che dopo ieri resta apertissima. Quella della crescita che deciderà tutto, per usare le sue parole.

 

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