Gelo sulle primarie, l'ira di Veltroni: il partito perde la sua ragione sociale

Dalla Rassegna stampa

 

Per Walter Veltroni sono la vera cartina di tornasole: se il Pd abbandonerà la strada delle primarie vorrà dire che avrà abbandonato la sua «ragione sociale». E’ assai probabile che l’ex segretario tornerà a parlare di questo tema a maggio, a Cortona, al convegno promosso da Area Democratica, la corrente della minoranza interna. Ma a Largo del Nazareno c’è un certa prudenza, ormai, sulle primarie. «Ne ragioneremo insieme agli alleati», è quel che Pier Luigi Bersani continua a ripetere a chi glielo chiede.
Il leader diventa un po’ più ciarliero nel chiuso delle riunioni di partito. E in queste occasioni il ritornello è sempre lo stesso: potrebbero diventare un elemento di confusione. Insomma, la verità è che le prossime rischiano di diventare delle consultazioni senza rete, non come quelle che finora hanno incoronato prima Romano Prodi, poi Veltroni e, infine, lo stesso Bersani, ossia primarie dove si sapeva già chi sarebbe uscito vincitore dalle urne. Infatti, rischia di esserci un sovraffollamento di candidati "eterodossi". Alcuni dei quali preferiscono non apparire ancora.
Chi è da tempo uscito allo scoperto è senz’altro Nichi Vendola. Lo ha fatto con un libro-intervista scritto dall’ex commentatore politico del Manifesto Cosimo Rossi e uscito a marzo, prima ancora delle elezioni regionali. Il tentativo di esportare in tutta Italia il suo laboratorio pugliese è ambizioso. Portare sul territorio nazionale le tante "fabbriche di Nichi" - un esperimento di prodiana memoria - non sarà per niente facile. Ma Vendola conta nel Pd su una sponda importante. Quella di Veltroni.
Il governatore pugliese e l’ex segretario del Partito democratico stanno coltivando un rapporto molto forte. Vendola infatti sa che senza un sostegno in quel partito gli sarà difficile avere qualche speranza di leadership futura. Tanto più che le relazioni con gli altri maggiorenti del Pd non sono affatto buone.
Pessimo il rapporto con D’Alema. Pressocché inesistente quello con Bersani: i due si parlano, ma senza eccessivo calore. Il presidente della Regione Puglia capisce bene che non può certo ridurre il suo campo d’azione solo alla sinistra cosiddetta alternativa, ai movimenti e ad "amici" che fanno opinione come Michele Santoro. E chiaro che è questa la sua base di partenza, ma è altrettanto ovvio che non gli basterebbe mai per riuscire a conquistare la leadership del centrosinistra.
Per questo motivo Vendola, che nonostante i dinieghi ufficiali, ha già cominciato la sua avanzata verso le primarie sta cercando pure di recuperare un canale di comunicazione con l’Udc, nel caso in cui alla fine il partito di Pier Ferdinando Casini decida di schierarsi con il centrosinistra. Cosa, per la verità, a cui, per esempio Veltroni non crede.
Ma il presidente della Regione Puglia sa anche che l’unica strada attraverso cui può pensare di aspirare al ruolo di candidato dell’opposizione è quella delle primarie, perché, ovviamente, se questa scelta passasse invece per accordi di vertice tra i partiti, le sue chances precipiterebbero sotto lo zero. Ed è questa una delle ragioni che inducono personaggi come Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema all’estrema cautela in questa materia. «Dobbiamo evitare che qualcuno lanci un’Opa sul nostro partito», è quel che sostiene il segretario nelle sue conversazioni con i pochissimi dirigenti di cui si fida.
E le parole che il presidente del Copasir confida ad amici e collaboratori non sono tanto dissimili: «Non mi pare che la scelta del candidato premier sia una priorità, benché non sia una bestemmia. Non vorrei che in realtà il discorso sia un altro, cioè non quello di cercare un vero candidato premier ma piuttosto un leader politico tentare di commissariare il maggior partito d’opposizione».
Nel campo variegato del centrosinistra non c’è solo Nichi Vendola che aspira alla candidatura. Il sindaco di Firenze Matteo Renzi sta meditando di scendere in pista anche lui. E, come il governatore della Puglia, il primo cittadino del capoluogo sa bene che la via è una sola: primarie, e ancora primarie. Altrimenti il partito gli sbarrerà il passo. Visto che non è certamente Renzi il candidato che gli attuali dirigenti del Pd sceglierebbero per guidare una coalizione. Le primarie, comunque, tornano senz’altro utili al sindaco di Firenze, anche nel caso in cui non dovesse vincerle. Sarebbero lo strumento attraverso il quale conquistarsi galloni, notorietà e un certo peso nel centrosinistra, obiettivo che difficilmente potrebbe raggiungere in altro modo.
Si sfila invece da questa battaglia Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma. Punta al Campidoglio, o almeno così dice, e non a palazzo Chigi. Uno dei pochi, di questi tempi, che non aspira a capeggiare l’intera coalizione...

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