Garantisti a senso unico

Dalla Rassegna stampa

Le stanghette sono molli e sbilenche /le lenti opache e graffiate / a fatica sì legge il giornale /se ne vale la pena. /Certi occhiali, ecco il punto, /non sono fatti per vedere/ ma per essere visti. (Luciano Erba).
 
Probabilmente Nicola Porro, vice direttore del Giornale, non lo sa, ma il suo articolo del 2 marzo mi invita a nozze. Il pretesto è la richiesta di autorizzazione all'arresto per il senatore del Partito democratico Alberto Tedesco, coinvolto nelle indagini sulla sanità pugliese. Secondo Porro il Pd deve votare contro l'autorizzazione: non è accettabile, infatti, che «i processi si celebrino in carcere», dal momento che «in un paese civile non si può e non si deve tollerare l'abuso della carcerazione preventiva». In altre parole, la mancata autorizzazione all'arresto equivarrebbe a «un impegno perché la presunzione di innocenza resti un caposaldo del nostro sistema e perché il carcere ci sia, ma solo a sentenza definitiva». Parole sante. Nella mia esperienza di parlamentare ho votato contro la richiesta di arresto anche in qualche circostanza molto difficile, per le ragioni esposte da Porro e per un'altra ancora: perché la custodia cautelare non avrebbe offerto alcun contributo a una maggiore efficacia delle indagini. E si sarebbe risolta in una mera misura afflittiva. Dunque, perché infliggerla prima dell'eventuale condanna? E tuttavia l'apparente buonsenso delle parole di Porro, che pure tanta ostilità suscitano in parte della sinistra, contiene un'insidia, dietro la quale si cela una truffa colossale. E proprio là dove si dice che la carcerazione preventiva va evitata «per il ricco e potente, come per l'invisibile». Probabilmente mi sono distratto, ma non ricordo un (un solo) articolo del Giornale a tutela di un (un solo) "invisibile".
 
Non parlo di Porro, che personalmente non conosco, ma il comportamento del Giornale e di gran parte della destra italiana è stato e resta univocamente teso alla mobilitazione ideologica contro gli "invisibili"; e indefessamente a favore di tutte le norme, le politiche, i dispositivi d'autorità che riducono, quando non azzerano, diritti e garanzie degli "invisibili". Nei confronti di migrati e profughi, povericristi e tossicomani il Giornale è stato schiettamente e coerentemente giustizialista e forcaiolo. Non è stato il solo, certo, e il giustizialismo ha trovato e trova largo ascolto anche a sinistra. Ma in questo campo ciascuno parla e risponde per sé. E per quanto mi riguarda, a proposito di Silvio Scaglia e dei suoi colleghi, ho scritto, ho fatto iniziative pubbliche, mi sono dato da fare come so e posso. È grottesco dover rivendicare ciò che, sul piano politico, è niente più che un dovere, ma francamente le lezioni di garantismo esigono cattedre al di sopra di ogni sospetto. Non mi sembra di aver mai letto, sul Giornale, una sola perplessità a proposito della classificazione dell'immigrazione irregolare come fattispecie penale; o un qualche dubbio sugli standard di tutela delle garanzie all'interno dei Centri di identificazione ed espulsione; o sul confine tanto esile da risultare impercettibile, e fonte di abusi, tra uso personale di sostanze stupefacenti e attività di piccolo spaccio. E nemmeno una inchiesta sul sistema penitenziario italiano e sulla frequenza di suicidi tra i detenuti (17-18 volte maggiore della frequenza di suicidi nell'intera popolazione).
Va da sé il discorso appena fatto può essere perfettamente rovesciato. A sinistra - con la sola eccezione dei radicali e di pochi altri - si è rispettosi (moderatamente, per la verità) delle garanzie del sistema penale per i soggetti senza risorse e per gli strati deboli, ma per nulla rispettosi quando quelle garanzie vengono rivendicate dai "mostri" (ieri Cesare Previti oggi Silvio Berlusconi). Questa speculare faziosità e questo vicendevole settarismo rischiano di rinviare all'infinito l'acquisizione di un'autentica consapevolezza garantista come cultura condivisa e orientamento diffuso. È un limite non di poco conto. I ceppi che si stringono intorno ai polsi di qualcuno sono un accadimento in qualche misura inevitabile nella nostra organizzazione sociale. Ma se non mirano a bloccare chi rappresenti una minaccia attuale e immanente, quei ceppi devono sempre essere guardati con preoccupazione e utilizzati con parsimonia: tanto più se fossero accompagnati da urla di giubilo e gridolini di piacere . In altre parole: Silvio Berlusconi è un avversario politico (posso arrivare a dire: è "il nemico assoluto" se inteso in termini incruenti) ma lo è fin tanto che sia in grado di nuocere. Una volta in ceppi è solo un pover uomo privato della libertà.

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