Francia, sì all’estradizione di Ablyazov in Russia

Dalla Rassegna stampa

L’ultima parola spetterà a Jean Marc Ayrault. Tocca infatti al primo ministro francese decidere se firmare o no un decreto di estradizione e Mukhtar Ablyazov non fa eccezione: il via libera dato ieri dalla sezione istruttoria della corte d’appello di Aix- en-Provence alla sua consegna alla Russia o all’Ucraina è un passo necessario, ma non sufficiente. E mentre in Italia M5S, SeL e alcuni senatori del Pd tornano a chiedere spiegazioni al ministro Alfano dopo l’intervista che il suo ex capo di Gabinetto ha rilasciato a Repubblica, in Francia si discute sul futuro del dissidente detenuto nel carcere di Luynes dal 3 l luglio scorso.

Consegnare un uomo a uno Stato straniero è un gesto politico: la magistratura francese ha quasi sempre autorizzato l’estradizione degli italiani ricercati per fatti di terrorismo, ma il governo non ha quasi mai dato seguito a quelle sentenze. Anche nel caso dell’ex oligarca kazaco, la decisione sarà politica. Per i suoi legali, i giudici si sono mostrati inetti: «È una decisione che non onora la giustizia francese», sostiene Bruno Rebstock, uno degli avvocati. «C’è il pericolo che finisca per ritrovarsi in Kazakhstan - aggiunge Amnesty - dove rischia la tortura». «Estradarlo sarebbe come condannarlo a morte», dice la moglie Alma Shalabayeva. A dicembre, il pm aveva spazzato via queste obiezioni, definendo Ablyazov «un delinquente di alta levatura». La sentenza apre la strada alla consegna a Russia o a Ucraina, ma nell’immediato bisognerà aspettare il ricorso in Cassazione, già annunciato dai difensori.

Nemmeno in Italia il caso è chiuso. Anzi. «Alfano venga in Aula a spiegare perché il suo ex capo di gabinetto dà una versione dei fatti diversa dalla sua», chiedono i due senatori del Pd Roberto Cociancich e Isabella De Monte. Più duro il senatore grillino Michele Giarrusso: «Alfano si dimetta subito». Come se si fosse tornati a quei giorni del luglio scorso, quando il ministro dell’Interno fu costretto a chiarire in Parlamento perché per tre giorni il dipartimento di Pubblica sicurezza si mise a disposizione dei diplomatici di Astana per espellere dall’Italia la moglie diAblyazov, Alma Shalabayeva e la figlioletta di sei anni. Nell’intervista di ieri Procaccini, a distanza di cinque mesi e mezzo dalle sue dimissioni volontarie, racconta circostanze che smentiscono la versione di Alfano, consegnata a deputati e senatori il 16 luglio scorso e sulla base della quale ottenne la fiducia. «La sera del 28 maggio il ministro mi informò che l’ambasciatore kazako lo aveva cercato perché aveva urgenza di comunicare con lui. E mi disse che si trattava di una grave minaccia alla pubblica sicurezza». Logica vuole, dunque, che Alfano avesse ben chiaro cosa andasse cercando Andrian Yemelessov. Diventa arduo, per il titolare del Viminale, continuare a sostenere di «essere trasecolato» nell’apprendere solo il 2 giugno dal ministro Bonino dell’espulsione.

Non sfugge la delicatezza politica della questione, in un momento in cui gli alleati di governo, il Pd di Renzi e l’Ncd di Alfano, hanno altri attriti anche sul fronte dei matrimoni gay. Tant’è che i due senatori Cociancich e De Monte sono sì renziani, ma non della stretta cerchia del segretario, che ieri ha evitato di commentare. Non si esprime nemmeno Luigi Zanda, capogruppo del Pd al Senato, che già a luglio aveva notato un’incongruenza: «Se il ministro sapeva che a Procaccini sarebbero state sottoposte questioni "delicate" disse in Aula- allora doveva conoscere il perché di tanta delicatezza». Atti ufficiali, oltre a una generica richiesta di tornare riferire alle camere, ancora non ce ne sono. «Non escludiamo di presentare a breve una mozione di sfiducia contro Alfano, come facemmo quest’estate», annuncia Manlio Di Stefano, capogruppo dei grillini in commissione Affari Esteri. Ci va giù pesante anche il presidente di Sel Nichi Vendola, che su Twitter scrive: «Se le parole del prefetto Procaccini a Repubblica saranno confermate, il ministro ha mentito al Parlamento e al Paese. Il presidente del Consiglio Letta non ha nulla da dire?».

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