FMI: Nuovi tagli e altre tasse

Dalla Rassegna stampa

Alla Grecia tocca da subito una dose da cavallo, però nel 2011 misure di austerità saranno necessarie in tutti i paesi avanzati, a cominciare dagli Stati Uniti. Lo chiede il Fondo monetario internazionale, anticipando le proposte che farà ai vertici primaverili di Washington. Appena si sarà consolidata la ripresa, si dovranno tagliare le spese e aumentare le tasse, specie sui consumi. Altrimenti la sfiducia dei mercati, ora concentrata sulla Grecia, potrebbe diventare contagiosa.
C'è un tono nuovo di urgenza. Già da subito «i governanti devono spiegare con chiarezza ai cittadini che il ritorno a politiche di bilancio prudenti è una condizione necessaria per una durevole salute dell'economia» ha detto ieri il numero due del Fmi, l'americano John Lipsky, in
un discorso a Pechino. Gli ampi deficit di bilancio del 2009-2010 sono la cura giusta contro la crisi, ma se diventassero permamenti frenerebbero la crescita «riducendone il potenziale di circa mezzo punto all'anno».
Una novità è che la exit strategy non dovrà consistere solo nel ritiro delle misure anticrisi. Non è solo per loro causa che i bilanci pubblici sono peggiorati; cosicché il Fmi consiglia il risanamento anche agli Stati (come l'Italia) che ne hanno prese solo in misura modesta. Per tagliare le spese si suggerisce di ritardare l'età della pensione e risparmiare sulla sanità; per accrescere gli introiti fiscali, in Europa dato che il lavoro è già molto tassato occorre soprattutto «ridurre le esenzioni dalle imposte indirette».
Mentre i paesi avanzati dovranno risparmiare di più, all'opposto i paesi emergenti, Cina in testa, dovranno risparmiare di meno. I rappresentanti dei governo di Pechino, presenti in sala, sono stati invitati da Lipsky a spendere di più per «pensioni, scuola e sanità» e (paradossale per un regime nominalmente comunista) a «tassare di meno il lavoro e di più i patrimoni e il capitale». Frattanto il Fmi resta il convitato di pietra nella controversia europea su come aiutare la Grecia. Il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurrìa, si domanda perché soccorso europeo e soccorso Fmi non debbano essere compatibili; però occorre in primo luogo che l'Europa si pronunci «appena possibile», sostiene il presidente della Commissione di Bruxelles, José Barroso.
Dicono ad Atene che Barroso ha promesso una decisione nel vertice europeo di giovedì. La cancelliera tedesca Angela Merkel prima aveva risposto che l'argomento non è all'ordine del giorno, poi in serata ha precisato che è pronta a discutere. Silvio Berlusconi si è schierato ieri fra i sostenitori dell'intervento: «penso che se non c'è disposizione ad aiutare un Paese in crisi allora l'Unione europea non ha motivazione per esistere». Ma l'Italia non sembra pronta a contribuire
di tasca propria con uno di quei «prestiti bilaterali coordinati» che sarebbero la soluzione più accettabile per la Germania; preferirebbe l'emissione collettiva di «eurobond» che Berlino rifiuta.
I mercati tornano a innervosirsi vedendo l'Europa divisa, divisa al suo interno anche la Bce, contrasti sia nel governo tedesco sia in quello greco. Il vicepresidente della Bce, Lucas Papademos, che è greco, pare non abbia approvato la tattica da gioco d'azzardo del primo ministro George Papandreou, «se non ci aiuta l'Europa mi rivolgo al Fmi». Berlino cerca di smentire i contrasti evidenti fra la Merkel e il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble; mentre il presidente della Repubblica Horst Koehler sconsiglia la politica economica più espansiva chiesta dal partito liberale del vicecancelliere Guido Westerwelle e gradita da altri paesi.
 

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