Fli non stacca la spina (almeno per ora)

Dalla Rassegna stampa

«Un’ancora di salvataggio temporanea». Secondo il Financial Times sarebbe stata lanciata da Gianfranco Fini a un Silvio Berlusconi «indebolito dalle ultime rivelazioni attorno alla sua "non convenzionale" vita privata e da una coalizione lacerata dagli scontri interni». È questa l’analisi che il quotidiano inglese fa della situazione politica italiana dopo il discorso che il presidente della Camera e leader di Fli, Gianfranco Fini, ha fatto domenica a Bastia Umbra, invitando il premier a dimettersi ma offrendogli, al tempo stesso, un patto per portare a termine la legislatura su nuove basi e con una maggioranza allargata. Parole che sono state ampiamente commentate dai maggiori protagonisti della politica italiana fatta eccezione per la maggior parte degli esponenti finiani. A parte il siciliano Carmelo Briguglio, infatti, molti degli uomini di Fini ieri hanno rispettato la "consegna del silenzio" che è stata loro imposta a partire dallo scorso week-end. «Non credo che la maggioranza dei parlamentari finiani voglia staccare la spina e andare a casa per puro antiberlusconismo, senza passare per una profonda riflessione alle Camere» ha invece commentato il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Mentre per il Guardasigilli Angelino Alfano «non è immaginabile che ci si dimetta perché il presidente della Camera, per la prima volta nella storia repubblicana, chiede le dimissioni del presidente del Consiglio. Non ci si dimette per una diretta Sky». Dal centrosinistra, poi, c’è chi non vede di buon occhio una crisi con conseguente ritorno alle urne, anche se lo scenario difficilmente sarà evitabile. Per Emma Bonino, andare a elezioni anticipate «sarebbe un atto di irresponsabilità». L’Italia, ha sottolineato il vicepresidente del Senato, «non può permettersi di andare alle elezioni ogni due anni vista la ampia maggioranza di cui gode il centrodestra. Questa è sì politica di palazzo e le urgenze del Paese sono altre». Il governo, ha ricordato, «aveva una maggioranza straordinaria e il risultato in termini di riforme mi sembra misero. Si pensi alla giustizia, piuttosto che alle carceri, agli ammortizzatori sociali e al rilancio economico. Temo che lo sbocco sarà il peggiore possibile, e cioè il precipitarsi della crisi verso le elezioni anticipate con questa legge elettorale, e quindi con un nuovo Parlamento di nominati». Anche se ai proclami ancora non avrebbero fatto seguito azioni concrete, dagli ambienti berlusconiani c’è chi disegna un ipotetico quadro futuro legato alle dimissioni degli esponenti finiani organici al Berlusconi-quater e cioè il ministro Ronchi, il viceministro Urso e i sottosegretario Menia e Buonfiglio. «Il ministro di Futuro e libertà verrà sostituito e i sottosegretari pure. Non escludo che Berlusconi assuma direttamente l’interim di Ronchi. Dopodiché, penso che chiuderemo il bilancio a fine anno e poi ci sarà un casus belli che farà cadere il governo. Credo che andremo a votare a marzo». Così il deputato berlusconiano Giorgio Stracquadanio che ha aggiunto: «Berlusconi di sicuro non si dimette. Il governo approverà il bilancio e senza dubbio continuerà fino a quel momento, nessuno si assumerà i rischi di una crisi prima dell’approvazione del bilancio. Da allora ogni momento sarà buono per aprire la crisi e neppure mi interessa quale potrà essere il motivo. Tantomeno interessa a Fini che da inizio legislatura sta creando le condizioni per far cadere Berlusconi».

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