Firme, Formigoni chiede verifiche

Dopo l'inchiesta di Repubblica che ha messo in dubbio l'autenticità delle firme a sostegno della lista di Roberto Formigoni alle ultime elezioni regionali, il governatore chiama in causa i partiti del centrodestra che hanno appoggiato la sua ricandidatura per la quarta volta al Pirellone. «Ho provveduto a chiedere ai partiti che hanno appoggiato la mia candidatura di capire e reagire dove ci fossero novità» ha spiegato ieri Formigoni, lasciando da parte le accuse di falsità lanciate solo qualche giorno dopo la conferenza stampa dei Radicali per denunciare il caso.
«Della questione - ha aggiunto il governatore - si sono già occupati alcuni tribunali che ci hanno dato ragione. Se verrà nuovamente sollevata attenderemo con fiducia le valutazioni dei tribunali. Sono ottimista sul fatto che confermeranno le nostre ragioni».
Pronta la replica dei Radicali, che nel frattempo hanno consegnato al Tar copia dei moduli delle firme contestate alla lista Per la Lombardia, che saranno portate in Procura nei prossimi giorni, in attesa dell'udienza del 28 in Tribunale dove si opporranno alla richiesta di archiviazione dell'inchiesta sulla esclusione della loro lista dalle scorse elezioni regionali. «Sul piano giudiziario della procedura elettorale falsata - precisa l'ex europarlamentare Marco Cappato - ciò che emerge dalle telefonate di Repubblica ai firmatari delle liste è del tutto irrilevante. Ma sul piano politico, l'inchiesta squarcia un velo sulla gravità non solo dei fatti commessi, ma anche delle parole dello stesso Formigoni. Il presidente della Regione prima ci accusò di aver manomesso i moduli, e nei giorni scorsi di aver raccontato falsità. Chi mente? Noi radicali e i non firmatari interpellati da Repubblica, o mente il governatore? Negli Stati Uniti, e non solo, con bugie del genere ci si deve dimettere di corsa. Non mi rassegno a pensare che da noi sia impossibile, magari perché così fan tutti».
Controreplica di Formigoni: «Il problema non sussiste - taglia corto il governatore - La questione è già stata risolta finora a nostro favore con due sentenze del Tar e una del Consiglio di Stato. Sono sicuro che ove fosse sollevata anche davanti ad altri tribunali anche questa volta ci verrà data pienamente ragione». Ma Cappato insiste: «Le firme false rimarrebbero tali e invalide anche se fossero state raccolte da simpatizzanti consenzienti. Il numero dei falsi, però, è sufficiente ad annullare le elezioni in Lombardia. Farlo ai danni di persone inconsapevoli e solo più grave sul piano del malcostume e, probabilmente, sul piano dei responsabili».
Esprime qualche dubbio anche il presidente del consiglio regionale della Lega Davide Boni: «La legge elettorale pone una delle sue basi fondanti sulla raccolta firme. La magistratura dovrà fare il suo corso, ma se dovesse emergere che le regole non sono state rispettate allora qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di riportare al voto la Lombardia». Durissimo Giuseppe Civati del Pd: «Deve intervenire il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Lo chiedeva anche Formigoni a marzo quando faceva la vittima. Da allora ha cambiato atteggiamento una ventina di volte. Come ora: vedo che è passato dalle risposte piccate ai chiarimenti chiesti ai partiti».
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