Firme false, il siluro della Lega

Dopo la notizia dell'apertura da parte della procura di un nuovo filone di inchiesta sulle firme false per il listino che sosteneva Roberto Formigoni alle scorse elezioni regionali, la Legasi sfila e rinvia al mittente la richiesta di «chiarimenti» fatta alcuni giorni fa dal governatore. «È vero che ora dobbiamo aspettare che qualcuno ci dica cosa è realmente successo spiega il capogruppo del Carroccio in Regione, Stefano Galli ma a suo tempo la Lega aveva parlato di dilettanti allo sbaraglio. L'aveva detto Umberto Bossi, e anch'io. Lo ricordo bene. Se ora si dovrà andare di nuovo al voto, ci andremo. Ma vorrà dire che adesso chiederemo la presidenza della giunta». Poi una stoccata al Pdl: «Ogni partito ha una sua gerarchia e un suo vertice. Se qualcuno sa cos'è successo sarebbe bene che parlasse: io non ho mai raccolto firme e tantomeno ne ho autenticate, ma è arrivato il momento di sapere chi ha fatto e cosa».
Il riferimento è alle affermazioni del coordinatore regionale del Pdl, Guido Podestà, che aveva avanzato dubbi sulla denuncia dei radicali. E ieri sera, a margine della Festa dello Statuto" alla Scala, Formigoni ha rotto il silenzio: «Si torna sempre sulla stessa questione per rovesciare il voto popolare ha detto - e questo non è possibile». Poi ha puntualizzato: «Chi raccoglie le firme non è il candidato presidente, ma i partiti. E ho chiesto ai partiti di verificare». E ha concluso così: «La questione è stata sollevata in campagna elettorale ed è stata respinta dal Tar e dal consiglio di Stato. E già la corte d'Appello aveva giudicato le firme regolari».
Ma tutta l'opposizione chiede di fare chiarezza. «Il nome della Regione Lombardia è da mesi coinvolto in una vicenda sempre più torbida - attacca il segretario regionale del Pd Maurizio Martina- e questo ci preoccupa molto. Ormai si intrecciano due piani, quello dell'apposizione di firme false all'atto di presentazione della lista del presidente Formigoni, come denunciato da cittadini che apparirebbero firmatari a loro insaputa, e quella dell'inchiesta nazionale su un'organizzazione segreta che avrebbe agito, su richiesta, per condizionare la decisione della magistratura sull'esclusione della lista. La politica si dimostri all'altezza e Formigoni chiarisca in tutte le sedi, prima di tutto in consiglio regionale, sia sulle firme sia sulle indebite interferenze di questi personaggi». Durissimo il radicale Marco Cappato, che attacca il prefetto: «La peste lombarda dilaga come la monnezza napoletana. È allucinante che il prefetto Gian Valerio Lombardi ritenga "normale" aver contattato l'ex presidente della corte d'Appello, Alfonso Marra, per informarsi sul nostro ricorso. A differenza della spazzatura campana questa peste in Lombardia dilaga con più discrezione: senza un minimo di informazione e contraddittorio che sarebbero dovuti a milioni di elettori ingannati».
Critico anche il coordinatore regionale dell'Udc Savino Pezzotta: «Bisogna fare chiarezza e il primo che dovrebbe avere interesse a rispondere e a farla è lo stesso Formigoni, se, come penso, lui ha fatto le cose perbene. Lo deve fare per una questione di sensibilità politica e perché non rimanga il dubbio tra i lombardi». Sulla stessa linea il segretario regionale di Italia dei Valori, Sergio Piffari: «Se le irregolarità sono così evidenti come appaiono, per prima cosa sarebbe opportuno che i sindaci e i consiglieri provinciali che hanno autenticato quelle firme facessero un passo indietro. Noi dell'Idv abbiamo sottoscritto un codice etico e l'avremmo già fatto. Formigoni dovrebbe riconoscere che, se le cose sono andate così, l'operazione è stata costruita a tavolino. Poi potremmo anche discutere se sia il caso di tornare al voto. Le regole esistono e vanno rispettate».
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