Firme false, fine corsa per Giovine

Dalla Rassegna stampa

Michele Giovine è stato condannato in via definitiva per falso elettorale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso presentato dal leader dei Pensionati. Immutata la pena: 2 anni e 8 mesi per aver falsificato alcune firme a sostegno della lista "Pensionati per Cota", che con i suoi 27mila voti raccolti nelle urne è risultata decisiva per la vittoria del governatore leghista. Al termine della camera di consiglio non è stata data lettura del dispositivo. È toccato quindi alla cancelleria dare informazioni agli avvocati delle rispettive parti in causa. Il procuratore generale Giuseppe Volpe aveva chiesto nell'udienza di stamattina la conferma della sentenza con cui la Corte d'Appello di Torino ha condannato Giovine per falso.

La querelle giudiziaria è scoppiata già all’indomani dell’elezione di Roberto Cota al vertice di piazza Castello, a seguito dei ricorsi inoltrati dall'ex presidente Mercedes Bresso, battuta per sole 9 mila preferenze, che, assieme ad alcuni partiti alleati, ha contestato l’esito delle urne perché alcune firme delle liste a sostegno del governatore leghista sono state raccolte in modo irregolare. Il 30 giugno 2011 arriva la prima sentenza con cui il Tribunale di Torino condanna Michele Giovine a due anni e otto mesi e il padre Carlo a due anni e due mesi.

Il 22 maggio scorso la Corte d’Appello di Torino aveva confermato la condanna a due anni e otto mesi di reclusione per falso inflitta in primo grado al consigliere regionale. Dalle verifiche venne accertato che erano false 17 sottoscrizioni su 19. Con la stessa sentenza i giudici avevano anche ridotto - perché incensurato - da due anni e due mesi a due anni la pena inflitta a Carlo Giovine, padre del consigliere regionale, coinvolto nella stessa vicenda. Per loro il collegio aveva anche stabilito l'interdizione dai pubblici uffici: due anni per Michele Giovine e un anno e 4 mesi per il padre Carlo. Il 20 dicembre scorso, infine, un decreto del Governo lo aveva sospeso da Palazzo Lascaris, aprendo le porte dell’assemblea regionale alla compagna Sara Franchino.

Nelle varie tappe della lunga sequela giudiziaria, il Consiglio di Stato ha rimesso nelle mani del Tar del Piemonte la scelta tra avvalersi oppure no delle decisioni prese sulla vicenda in sede penale, e a sua volta, il Tar Piemonte ha preferito attendere una decisione definitiva sulla condanna di Giovine. A questo punto la palla ripassa ai giudici di corso Stati Uniti che potrebbero modificare i risultati delle decisioni elettorali del 2010. Fino ad annullarle, costringendo a nuove elezioni o insediando la coalizione a suo tempo perdente. Una decisione verso la quale è ancora previsto un ulteriore grado di giudizio con un eventuale ricorso al Consiglio di Stato.

Esprime soddisfazione, ovviamente, Mercedes Bresso che si augura una veloce ripresa dell’iter amministrativo. «Ora Cota dovrebbe rassegnare le dimissioni e concedere al Piemonte una guida più autorevole e legittimata». Di elezioni viziate parla il Partito democratico in una nota congiunta del capogruppo in Consiglio Aldo Reschigna e del segretario piemontese Gianfranco Morgando: «La sentenza con cui la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di Giovine per le firme false alle ultime elezioni regionali dà ragione a chi aveva denunciato le irregolarità e il conseguente esito elettorale falsato e mette a tacere tutti coloro che a questo proposito avevano parlato di strumentalizzazioni prive di sostanza. A quasi tre anni e mezzo da quelle elezioni, i cittadini del Piemonte sanno con certezza che le irregolarità ci furono e che furono essenziali per la vittoria di Cota e del centrodestra. Senza quei voti irregolari Cota avrebbe perso. Attendiamo ora con fiducia le decisioni della magistratura amministrativa, che speriamo arrivino in breve tempo. Siamo anche sicuri che mai il presidente della Regione compirà quell’atto che, dopo la conferma della condanna, sarebbe conseguente e coerente: le dimissioni dal suo incarico, in modo che si torni al voto».

“La partita era truccata, il baro è stato scoperto e punito e la partita deve essere rigiocata. Si torni a votare per la Regione la prossima primavera, abbinando il voto alle elezioni europee”. A chiederlo sono gli esponenti radicali Igor Boni, Giulio Manfredi e Silvio Viale. Secondo i Radicali “è già in atto il tentativo di restringere le conseguenze della decisione di oggi della Cassazione, accontentandosi della sostituzione in Consiglio regionale di Giovine con il suo braccio destro, Sara Franchino. Non è così. I tre gradi di giudizio hanno dimostrato chiaramente che è l’intera lista ad essere nulla, non solamente il capolista Giovine. E se salta l’intera lista - rilevano - salta anche Cota, che è presidente della Regione Piemonte grazie ai 27.000 voti determinanti della lista di Giovine”. Di segno opposto è il commento di Cota: “La sentenza è una non notizia. Non c’entra un fico secco con il risultato delle elezioni e per gli stessi motivi hanno già condannato un autenticatore di una lista collegata alla Bresso”, ha affermato il governatore.

 

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