Finita l'era dei "carismatici" Quegli uomini soli al comando a cui affidare il proprio futuro

Dalla Rassegna stampa

Ci siamo così affannati a seguire le montagne russe del berlusconismo, portatore di un carisma indubbio, seppur atipico, e ormai in caduta libera, ci eravamo talmente convinti che il nuovo secolo sarebbe stato segnato da nuovi astri carismatici come Obama che poi sono durati un amen, pensavamo che alcune figure alla Putin fossero eterne e non era così, che ci siamo distratti. Intanto finivano a pezzi i «vecchi» carismi, i santoni che andavano tanto di moda solo qualche anno fa.

Non è questione solo della defenestrazione di Muccioli jr da San Patrignano dopo sedici anni al comando, oppure la caduta rovinosa di don Gelmini nelle brutte storie di abusi sessuali, o la fine di don Verzé affogato di debiti e gigantismi, o ancora l'esilio forzato di Francesco Cardella in America Latina da dove giunge la notizia della sua morte, o la scomparsa prematura di quel grand'uomo che era don Picchi. È che la società televisiva e atomizzata è già oltre. Non gradisce più. L'uomo della Provvidenza a cui affidarsi ciecamente è roba di ieri. Sono in declino anche le sette religiose e persino la temuta Scientology (nonostante Tom Cruise!). Sarà che in tempi di crisi è meglio investire le proprie speranze nel gratta e vinci.

Anche in politica sembra finita una fase. Di Silvio Berlusconi s'è detto. Umberto Bossi è sempre più stanco e malandato e la granitica Lega si sfilaccia. Marco Pannella non se lo filano mai salvo l'ipocrita omaggio. Antonio Di Pietro ha i suoi fan, ma vuoi mettere quando faceva il pm e aveva l'Italia intera ai suoi piedi? A sinistra, poi, i leader se li divorano a colazione e forse Pier Luigi Bersani sta lì dove sta proprio perché gioca la carta anticarismatica.

Non che sia una scoperta di oggi. Un anno fa ci fu un dotto colloquio a distanza tra sociologi, che dai tempi di Max Weber ritengono di avere l'esclusiva quando si parla del carisma. Giuseppe De Rita sostenne che c'era da attendersi uno sgretolamento accelerato delle leadership forti perché stava andando in frantumi l'idea stessa di Stato e di Nazione e gli italiani (in generale: gli europei) messi di fronte alla prospettiva del declino si rinchiudevano sempre più in nicchie regionali. Piccoli leader per piccole patrie, ci annunciò De Rita. Gli rispose Francesco Alberoni che non si potevano fare previsioni perché i grandi cambiamenti non sono mai frutto di decisioni razionali, ma di sommovimenti emotivi, imperscrutabili per definizione, e che quindi i prossimi leader sarebbero emersi quando e dove meno si aspettavano. Per ora, comunque, vagheggiati nuovi leader non se ne vedono né in politica, né nella società. E forse è meglio così, visto che in Europa le figure carismatiche più nuove - dall'Olanda (Geert Wilders) alla Finlandia (Timo Soini), alla Svezia (Jimmie Akesson) - sono venute fuori dall'oscurità, dall'odio, dalla xenofobia e dalla paura degli islamici.

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