«Via i finiani dal Pdl e dal governo»

Dalla Rassegna stampa

Una frenata: la salita al Colle insieme a Bossi. E un'accelerazione: la cacciata degli esponenti di “Futuro e Libertà” da incarichi di partito che verrà decretata oggi dall'ufficio di presidenza. Insieme ad una sorta di possibile minirimpasto che porterà alla nomina del nuovo ministro dello Sviluppo Economico e all'uscita dal governo di tutti i ministri e sottosegretari vicini a Fini, con tanto di voto di fiducia che obbligherà il gruppo di “Futuro e Libertà” a scegliere.
Silvio Berlusconi aggiusta la strategia ma non l'obiettivo che è quello di tirare giù al più presto e in qualunque modo Gianfranco Fini dalla poltrona di presidente della Camera. Obiettivo da raggiungere rapidamente predisponendo tutti, gruppi parlamentari, partito e ministri, ad un settembre di fuoco nel quale testare la capacità di Fini, del Quirinale e dell'opinione pubblica, di reggere l'urto.
Malgrado le resistenze di parte dell'ala ministeriale del partito – ieri Frattini, Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo si sono ritrovati dopo il consiglio dei ministri per l'ennesima riunione nella quale non sono mancate le perplessità sulla strategia sinora seguita - Berlusconi punta diritto alle elezioni anticipate. Una strada stretta. Soprattutto perché l'alleato Umberto Bossi, che da giorni veste i panni del “poliziotto cattivo”. ha spiegato l'altra sera ad Arcore al presidente del Consiglio che «è assurdo chiedere ora le elezioni a marzo». «Se dobbiamo fare lo strappo si fa ora e noi siamo pronti anche a mandarti sotto in aula», si è offerto il Senatùr che in cambio riceverà il vai libera dall'ultimo consiglio dei ministri pre-elettorale di tutti e tre i decreti attuativi al federalismo che ancora mancano.
Ieri a pranzo, nell'affollatissimo vertice che si è tenuto in via del Plebiscito, Berlusconi ha dovuto prendere atto che la salita al Colle va preparata e che comunque a rappresentare il disagio della maggioranza al presidente del Consiglio, dovranno essere i gruppi parlamentari. Nel pomeriggio Berlusconi si è dovuto sentir dire più volte dai suoi che l'idea di salire al Quirinale per chiedere le dimissioni di Fini «è inopportuna» e che «Bossi ha esagerato». Il Cavaliere ha lasciato volentieri al Senatùr il "merito"dell'iniziativa, che comunque gli è servita per testare la voglia dei suoi di gettare il cuore oltre l'ostacolo e, se necessario, andare anche contro il Quirinale. Fatto sta che il Cavaliere in queste ore sta usando il fedelissimo alleato come ariete di sfondamento ed è probabile che, se necessario, lo userà al momento opportuno anche in aula. Anche a costo di apparire ostaggio della Lega alla quale basta un accenno del Cavaliere per scatenare una “rissa” con “i finiani” tale da costringere il Cavaliere a salire tra qualche settimana dal Capo dello Stato per rappresentare una situazione interna alla maggioranza che impedisce al governo di andare avanti, proponendo il rimpasto.
La strada è stretta e le resistenze interne non mancano, ma Berlusconi sempre più convinto che in alternativa le elezioni il prima possibile siano l'unica strada per «non farmi cuocere a fuoco lento e dare a tutti gli amici di Fini e al Pd il tempo di prepararsi». Votare a marzo o a giugno il Cavaliere lo considera «troppo tardi» e «inutile» anche per il Paese. Gli "stop and go" come quello sul “processo breve” che nuovamente è rientrato nell'agenda della maggioranza fanno quindi ritenere che l'obiettivo di coinvolgere il Colle è solo rimandato. Le prossime quattro settimane-politiche saranno molto calde sia fuori che nelle aule parlamentari e, qualora l'idea delle dimissioni di massa dei parlamentari del centrodestra contro Fini prendesse quota, potrebbe concretizzarsi l'auspicio di Pannella di un messaggio al Parlamento del capo dello Stato.

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