Fini se ne va, meglio così

Dalla Rassegna stampa

La rottura non è ufficiale ma lo sarà fra qualche giorno, forse solo fra 48 ore. Berlusconi e Fini si sono incontrati per l’ennesimo chiarimento oscuro e si sono lasciati al buio, come sempre. Non c’è intesa, non c’è simpatia, non c’è niente. Il pranzo è stato freddo. Non in senso di tavola fredda, ma di umori. L’uno e l’altro avevano voglia di bere il caffè e di salutarsi. Per sempre? È quasi certo. Fini ha avanzato delle richieste, ribadite in un suo comunicato astuto, e Berlusconi ha ascoltato e non ha risposto. E quando lui non risponde significa no a tutto tondo. A questo punto, essendo difficile pensare a un nuovo chiarimento oscuro, si ipotizza la nascita di un gruppo parlamentare di finiani (colonnelli e appuntati). Non sarà un partito vero e proprio, ma qualcosa di simile momentaneamente collocato nel Pdl, quindi nel centrodestra, poi si vedrà.
Le lagnanze del presidente della Camera sono note. Intanto a lui va stretto il ruolo istituzionale, fortemente limitativo sul piano politico. Fini è nato uomo di partito e per anni è stato leader prima del Msi poi di An. Ovvio che soffra ad essersi ridotto a suonare il campanello di Montecitorio per dire a Pinco Pallino: ha facoltà di parlare. Gli piace mettere i piedi nel piatto e ha continuato a metterceli anche quando non avrebbe dovuto farlo. Sicché è normale che stia per accadere l’irreparabile: un sano divorzio.
Sentite questa. Berlusconi, durante la conversazione, ha detto all’interlocutore che lamentava mancanza di dialogo: per fare il matrimonio bisogna essere in due. E Fini di rimando: sì, ma per divorziare basta uno. Ok. Questo è il dato, al di là delle dichiarazioni morbide e di circostanza. Fini dice che il Cavaliere deve governare sino al termine della legislatura, perché così ha deciso il popolo. Però aggiunge. Il Pdl va rafforzato. E’ necessario convocare il Consiglio nazionale, fare scelte democratiche, consultarsi. Tutti argomenti validi. Non ci si deve infatti dimenticare che in Sicilia da un anno è in atto una crisi nel partito di cui, però, almeno in apparenza, non importa a nessuno. Argomenti validi, dicevamo. Ma che alla fine dimostrano come Fini non sia più disposto a rimanere in seconda fila, confinato alla presidenza della Camera, e pretenda di essere determinante nella maggioranza. E se aggiungiamo la sua irritazione per il fatto che il premier dia l’impressione di ascoltare più Bossi che lui, il quadro si completa.
Non c’è più storia. D’altronde una diarchia Berlusconi-Fini è inimmaginabile. Il Pdl, per quanto An ne sia una componente non trascurabile, è una creatura di Silvio ed è lui che raccatta consensi, è lui il timoniere e non accetterà mai un regime di multiproprietà. Figuriamoci se prima di adottare una soluzione potrebbe rassegnarsi a compiere un giro di telefonate per avere il conforto dei condomini.
Ecco perché la rottura è avvenuta e non sarà ricomposta. Probabilmente Fini se ne sarebbe già andato se al suo seguito ci fosse un reggimento. Invece ha solo un plotone di fedelissimi. Gli altri ex di An ormai riconoscono nel Cavaliere il loro leader e non pare abbiano un gran desiderio di abbandonarlo. Tra questi ci sono ministri, capigruppo, gente che conta. Per quale motivo dovrebbero andarsene dal nucleo centrale per accucciarsi in una posizione minoritaria, marginale? I tempi sono maturi se non per un divorzio almeno per una separazione consensuale. Fini avrà il suo drappello, il suo pollaio nel quale tornerà a comandare come sempre ha fatto nella sua vita. E chissà che da separati in casa trovino il modo di collaborare con serenità. Quali saranno gli effetti del distacco? Il governo rischierà di inciampare? Se non sbagliamo i calcoli - e non pensiamo che Berlusconi non li abbia fatti - la maggioranza sarà comunque solida, numericamente in grado di procedere senza temere incidenti. E allora poco male se il distacco sarà presto ufficiale. Noi da mesi andiamo predicando che fra i due c’è incomunicabilità e che il sodalizio va sciolto. Se non altro perché le liti hanno un’eco all’esterno e disturbano l’elettorato, convinto di avere che fare con un partito incline a consumare energie in discussioni e a riservarne poche alle questioni di interesse generale. Ora, davanti agli addii non esultiamo, ma non versiamo lacrime. Tutte le separazioni sono tristi, questa un po’ meno.
Come dicevano i latini: in cauda venenum. Se Fini se la fila, e Berlusconi provoca elezioni anticipate, chi ci lascia le penne? Secondo noi Fini. E se fossimo in lui, non sbatteremmo la porta. Cautela. Cautela.

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