Fini provoca, il Cav. replica: un pò rissa, un pò discussione politica

Chi ha incontrato Finì lo ha descritto dispiaciuto per via del fatto che il dibattito fosse "trasceso in alcuni tratti". Ma l’ex leader di An ha anche sottolineato l’aspetto positivo di aver assistito "a un confronto aperto". Quanti avevano tratteggiato scenari di rottura, o clamorose espulsioni, per il momento sono rimasti delusi. Il documento finale, approvato con 160 voti favorevoli, 11 contrari (l’area finiana) e un
astenuto, rappresenta plasticamente la giornata. Il testo stigmatizza le polemiche ("pretestuose") e contiene accenti dettati dai falchi berlusconiani, ma contemporaneamente legittima l’esistenza di una dialettica interna: "Una volta assunta una decisione negli organi democratici tutti si adeguano". E’ lo schema condiviso da Fini: "La minoranza non ha il diritto di sabotare, ma ha il diritto di discutere nelle sedi opportune". Non è facile prevedere cosa possa accadere nei prossimi giorni e c’è chi preconizza una rottura definitiva al primo delicato passaggio parlamentare (sulla giustizia?). Eppure quanto è accaduto ieri sembra aver soddisfatto tutti, anche il gran finiano Italo Bocchino: il programma di governo per noi è vangelo. Ma la minoranza deve essere rispettata".
Le critiche di Brunetta a Tremonti
Non sarà la democrazia cristiana, ma quello che si è visto ieri non è sembrato neppure la recita di un partito. Hanno parlato tutti i dirigenti, i ministri, i capigruppo, la maggior parte dei quali, nei propri interventi, non ha del tutto aderito all’immagine irenica suggerita dalla elencazione di fatti e buone opere di governo compiute. Al contrario. L’immagine dei due leader rabbuiati non esaurisce il racconto di un’assemblea nella quale la tensione tra i cofondatori non ha impedito a Fabrizio Cicchítto di ribadire la necessità di un maggiore radicamento sul territorio (e di una concorrenzialità nei confronti della Lega); né a Maurizio Gasparri di sottolineare l’importanza del dibattito e delle scelte condivise all’interno di un grande partito di maggioranza. Sfumature, proposte migliorative, qualche critica trasversale. Renato Brunetta ha polemizzato con Giulio Tremonti ("non è accettabile che non si tocchi nulla per paura del deficit") e il ministro dell’Economia, a cui dall’interno si rimprovera di decidere troppo in solitudine, ha sorriso dicendo che "se non abbiamo fatto la fine della Grecia non è soltanto merito mio, ma di Berlusconi e di tutti noi del Pdl". Il Guardasigilli Angelino Alfano ha risposto a Berlusconi, che aveva escluso riforme a maggioranza: "Fra tre anni i cittadini ci chiederanno, non se abbiamo dialogato, ma se abbiamo portato a casa la riforma promessa".
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