Finanze, quella Scuola piena zeppa di consulenti

È sopravvissuta ai più disparati tentativi di soppressione. E nel frattempo ha continuato a vivere e «svilupparsi». Un crescendo che, di certo, non ha risparmiato l'assegnazione di incarichi esterni. La Ssef, la Scuola superiore dell'economia e delle finanze dipendente dal ministero di via XX Settembre, nel 2011 ha assegnato la bellezza di 63 consulenze. Si tratta sempre di attività di «tutoraggio didattico» in riferimento ai vari master organizzati dalla Scuola fondata all'epoca dell'ex ministro delle finanze Ezio Vanoni. Insomma, 63 tutoraggi. Eppure la struttura vanta un corpo docenti di 16 unità. Tra questi c'è un drappello di professori comunque inseriti nell'elenco anche se «attualmente non in servizio». In questa categoria rientrano alcuni massimi funzionari ed esponenti del ministero dell'economia, dell'amministrazione finanziaria e del parlamento. Per esempio c'è il capo di gabinetto del Mef, il confermato Vincenzo Fortunato. C'è l'ex capo dell'ufficio legislativo dell'Economia, Gaetano Caputi, oggi direttore generale della Consob. Compare Gabriella Alemanno, direttore dell'Agenzia del territorio e già dirigente dei Monopoli di stato. Ancora, tra i professori della Ssef, sempre non in servizio, spuntano Marco Milanese, plurindagato deputato del Pdl, già consigliere politico dell'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti, e Maurizio Leo, presidente Pdl della commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria.
A questi si aggiungo i docenti in servizio, molto spesso profili «parcheggiati» nella struttura dopo aver perso precedenti incarichi. Tra questi, per esempio, ci sono Francesco Tomasone e Mariateresa Fiocca, entrambi accomunati da un passato nel Secit, l'ex servizio ispettivo e consultivo tributario definitivamente soppresso da Tremonti nel 2008 per manifesta inutilità. E ci sono anche funzionari di stato come Giuseppe Nerio Carugno, capo di gabinetto al ministero delle politiche agricole nel 2000, ed ex magistrati, con trascorsi parlamentari, come Ernesto Stajano.
Che poi essere professore alla Ssef, ca va sans dire, non è proprio «irrilevante» da un punto di vista economico: si va dai circa 60-70 mila euro annui per un docente ai circa 130 mila euro che spettano al rettore. A questo peso economico, nel 2011, si sono aggiunte queste 63 consulenze che in tutto valgono poco meno di 300 mila euro. Per carità, in media non si tratta di grandi cifre, anche perché più o meno tutti gli incarichi sono di durata annuale. Ma è un fatto che la struttura, oggi guidata da Giuseppe Pisauro, a suo tempo nominato da Vincenzo Visco e poi confermato da Tremonti, sia da anni nel mirino di varie proposte di soppressione. In occasione della recente manovra di luglio, per esempio, un emendamento firmato da un terzetto di senatori del Terzo Polo (Maria Ida Germontani, Egidio Digilio e Giuseppe Valditara) intendeva spazzare via la Scuola. Stessa intenzione è alla base di una proposta di legge depositata nel 2008 da due senatori del Pd, Marco Perduta e Donatella Poretti. Ancora, nel 2007, durante l'esame della Finanziaria targata Romano Prodi, in un primo momento venne approvato in commissione un emendamento firmato dal senatore di maggioranza Massimo Villone che sopprimeva la struttura. Modifica poi fatta cadere nell'iter successivo del provvedimento. Segno che la Ssef, pur inutile per molti, in questi anni ha goduto di sponde importanti che le hanno permesso di resistere. Chissà, magari anche grazie ai superfunzionari ministeriali che fanno parte del corpus docenti.
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