Fillini, l'ultimo aggettivo dei supporter di partito

All'audio non era ben chiaro se Ignazio La Russa pronunciasse «filini» o «fillini». I giornali, però, anno scelto per la consonante doppia: così, «fillini» è risultato. Se fosse stato con la consonante scempia, ai tanti cinefili avrebbe potuto ricordare il ragionier Filini, per anni spalla di Fantozzi (per tale intendendosi il personaggio reso celebre da Paolo Villaggio, non l'ex ministro), e avrebbe potuto avere una carica ironica sgradita.«Come una volta c'erano i missini, da Msi, ora ci sono i fillini, da Fli. In entrambi i casi si aggiunge una vocale»: tale la spiegazione fornita da La Russa.
Sui siti e sui glossari di parole nuove, dunque, il ministro della difesa apparirà come onomaturgo, creatore cioè di un neologismo, in questo caso di «fillino» come aderente a Futuro e libertà per l'Italia, in sigla Fli. Per lo più i parlamentari dei due gruppi Fli e ancor più i seguaci del presidente della Camera sparsi per l'Italia (un partito ancora non c'è) sono denominati finiani, e tali pure si chiamano spesso da sé. Percentualmente ridotta è la presenza, in origine un po' sarcastica, poi più connotata di neutralità, della voce «futurista» come sostenitore di Futuro e libertà. Se ci si fa un attimo caso, si vede che nella cosiddetta prima repubblica a ciascuna formazione corrispondeva, di solito, l'aggettivo. La Dc era sostenuta dai «democristiani» (più pomposamente, «democratico cristiani»; ingiuriosamente, «democristi»). Il Pci aveva i «comunisti»: solo dopo il'68, col pullulare di gruppuscoli all'ultrasinistra (marxisti-leninisti, bolscevichi, troschisti ecc.), gli extraparlamentari apostrofarono gli aderenti al Pci come «piccisti» o «picisti» , per rimarcarne la mancata ortodossia comunista. I socialisti, si sa, avevano un mondo in perenne scomposizione e ricomposizione: quindi, accanto ai «socialisti» c'erano i «socialdemocratici» (aulicamente, «socialisti democratici»), i «socialunitari» e via via, secondo l'indole di chi pronunciava la parola, «socialfusionisti», «socialfascisti» e simili.
Al Pri aderivano i «repubblicani», al Pli i «liberali». I nostalgici della precedente forma istituzionale ebbero più di un movimento: in genere vennero definiti «monarchici». Al più, dopo la scissione del 1954, si parlava di «laurini» per indicare i «monarchici popolari» e «covelliani» per i «monarchici nazionali». Quando si riunirono nel Pdi, Partito democratico italiano ('59), per qualche tempo fu in uso l'insolita denominazione di «demoitaliani», destinata a essere assorbita dal tradizionale «monarchici» allorché il partito, perdendo voti, allungò la sigla, divenendo Pdium (di unità monarchica).
In effetti, per tornare a La Russa, quasi soltanto i missini, fra i partiti stabili della prima repubblica, derivarono l'aggettivo dalla sigla, letta però «Mis». Si tenga conto che per tutti gli anni cinquanta, e anche oltre, su giornali e atti parlamentari la denominazione «missini» spesso era messa tra virgolette, come se ne fosse avvertita una certa improprietà. Gli iscritti al Msi talvolta si denominavano «sociali», termine però generico. Un altro partito la cui denominazione derivò dalla sigla fu il Psli, Partito socialista dei lavoratori italiani, sigla dei socialdemocratici che seguirono Saragat contro Nenni: essa durò per alcuni anni, fino a divenire prima Pssiis (Partito Socialista - Sezione Italiana dell'Internazionale Socialista: un sibilo, non un acronimo pronunciabile) e finalmente Psdi. Gli aderenti al Psli furono chiamati «piselli», ricordando un po' l'appellativo goliardico di «pipini» inflitto agli aderenti del Ppi, il Partito popolare fondato da don Sturzo. Tra gli anni ottanta e i novanta le nuove formazioni rifiutarono sovente la denominazione di partito. In alcuni casi era relativamente facile indicarne gli aderenti: «verdi», «leghisti», «retini» (da la Rete), «rifondatori» (ma quest'ultima parola stenta ancor oggi a essere pronunciata). All'ultrasinistra, dopo lo Psiup (Partito socialista italiano di unità proletaria) con i relativi «psiuppini» (rarissimo «socialproletari», per un certo periodo usato invece «cinesi», per le esternate simpatie maoiste) degli anni sessanta, vennero nel decennio successivo lo Pdup (Partito di unità proletaria: «pduppini») e Democrazia proletaria («demoproletari»). Le formazioni locali in qualche caso seguirono il destino dell'aggettivo «sardista» (riferito al Partito sardo d'azione, sorto prima del fascismo): vi furono «piemontesisti», «lombardisti», «venetisti», mentre per il Mis facente capo a Finocchiaro Aprile si preferì sempre l'indicazione di «indipendentisti siciliani». Quanto agli autonomisti della Lista per Trieste, si chiamarono «meloni» dal loro simbolo.
Come indicare, però, i seguaci di Ccd, Cdu, Udc, An, Fi, Pds, Ds...? In più di un caso, si è fatto ricorso ad aggettivi derivati dalle sigle: «cicidini», «udicini» (ma spesso «centristi»), «aennini», «pidiessini» e diessini» (furono i vertici del partito a specificarlo, perché temevano che prendesse piede la sgradevole voce «demosinistri»). Per Fi è noto che Berlusconi avrebbe voluto l'aggettivo «azzurri», ma dovette più volte rammaricarsi di non avercela fatta, posto che si ricorreva a «forzisti» e altri meno simpatici all'orecchio (come «forzitalioti» ), ma soprattutto a «berlusconiani», quando non a «berluscones». In molti casi era la sigla stessa usata come aggettivo: Cdu, An ecc.
I radicali, nonostante molti cambi di etichetta secondo le elezioni (Lista Pannella, Riformatori, Antiproibizionisti, Lista Bonino...), sono sempre rimasti «radicali». La Margherita ebbe i «margheriti» e i «margheritini», mentre Rinnovamento Italiano, di Lamberto Dini, solo i «diniani». L'Idv non è mai riuscita a imporre un proprio aggettivo: tutti hanno sempre fatto uso di « dipietristi». L'Ulivo ha generato gli «ulivisti» (secondo i casi, si usava pure «prodiani»). Per chiudere, vediamo i due partiti più recentemente sorti, «a vocazione maggioritaria». Il Pd non avrebbe avuto difficoltà a far nascere «democratici», ma, per evitare confusioni col più generale riferimento a chi crede nella democrazia, qualche giornale predilige la forma anglosassone «democrat», anche col plurale «democrats». Quanto al Pdl, si è fatto ricorso alla sigla: «pidiellini».
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