Ferragosto nel girone delle carceri. "E' emergenza, idea sbagliata di sicurezza"
      ROMA - Nonostante la critica, rivolta da uno dei  sindacati degli agenti della polizia penitenziaria (il Sappe) - " ... Le  carceri non sono né uno zoo né un grande fratello... evitiamo la solita  passerella di politici..." - Rita Bernardini, deputato radicale, eletta  nelle liste del Pd, torna alla carica per organizzare, da venerdì fino a  Ferragosto, la seconda grande "visita in massa" dei parlamentari  italiani nelle patrie galere. Al di là delle critiche degli agenti - più  di opportunità, in verità,  perché il merito per l'iniziativa viene  comunque riconosciuto  -  almeno 170 deputati e senatori di tutti gli  schieramenti politici trascorrerano il prossimo week end di Ferragosto  nei corridoi e nelle celle delle 205 case circondariali e di reclusione  in tutto il territorio nazionale.  
Numeri allarmanti. Lo scenario che si troveranno di fronte sarà -  se possibile  -  peggiore rispetto a quello dell'anno scorso. I numeri che arrivano  da  fonti ufficiali, nella loro spietatezza, delineano un quadro infernale,  che parte dalla condizione di sovraffollamento delle celle: poco meno di  70 mila persone (68.206, in continuo aumento) in uno spazio che,  complessivamente, ne potrebbe contenere 43 mila. Dunque,  luoghi di pena  che niente hanno a che vedere con quanto sancito dall'articolo 27 della  Costituzione Italiana, fondato sul principio secondo il quale "le pene  non possono consistere in trattamenti contrari al senso  di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".  Gli altri numeri parlano di 40 detenuti suicidi nelle carceri italiane  dall'inizio di quest'anno (sono 596 dal 2.000 ad oggi) 34 dei quali si  sono impiccati, 5 si sono asfissiati col gas e 1 si è tagliato la gola;  mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e  cause "da accertare" arriva a 105 (negli ultimi 10 anni i "morti di  carcere" sono stati 1.703). Va detto però che non sono soltanto i  detenuti a "morire di carcere": da gennaio ad oggi già 4 agenti di  polizia penitenziaria si sono tolti la vita, ai quali va aggiunto che la  tragedia personale del  provveditore alle carceri della Calabria, Paolo  Quattrone, suicida il 23 luglio scorso. 
La voce dei direttori. "Sono davvero molto felice della visita di parlamentari  -  dice Enrico  Sbriglia, segretario nazionale del sindacato (Sidipe) dei direttori  delle carceri  -  sarebbe meglio però che non ci fossero solo ad agosto.  Lo stato di emergenza, dichiarato lo scorso 13 gennaio dal ministero,  non solo è ancora in atto, ma si aggrava giorno per giorno. Quella data  ha sancito un'autocertificazione di impotenza di fronte alla quale,  nonostante alcuni sforzi, si sta facendo, secondo il sindacato che  rappresento, molto, ma molto poco. Sono sconfortato, da direttore. Da  cittadino mi sento preso in giro. Nelle celle  -  prosegue Sbriglia  -   non vedo facce di criminali, ma solo sguardi di gente disperata,  che  spesso ha commesso reati per i quali il carcere, almeno così com'è,  viene percepito come una punizione sproporzionata". 
L'idea sbagliata di sicurezza. "Nelle carceri - ha detto ancora il dottor Sbriglia, che è anche  assessore alla sicurezza al comune di Trieste, per Generazione Italia,  formazione attigua al Presidente della Camera Fini  -  si dimostra ogni  giorno che l'idea della sicurezza raggiunta con esibizioni muscolari,  come i miliari per strada, o l'ostentazione di forza con le armi a noi  ci fa soridere, perché non funziona. Nelle celle l'unica cosa che porta a  risultati  -  ha sottolineato Sbriglia  -  è il rispetto delle regole  ispirate ad una logica di reinserimento sociale. Non c'è altro da fare".  
Il rischio islamico. Rispetto al rischio  paventato dal Sappe secondo il quale gli oltre 10mila detenuti in di  fede islamica rappresenterebbero un pericolo di diffusione  del  fondamentalismo, soprattutto ora nella situazione di estremo nella vita  nelle celle che - osserva Donato Capece, segretario del Sappe, appunto  -  potrebbe diventare il luogo in cui, sempre più spesso, piccoli  criminali vengono tentati da membri di organizzazione terroristiche", il  dottor Sdriglia replica così: "Vanno distinti coloro i quali, ancorché  mussulmani, adottato subito gli stili di vita occidentali, tra alcol e  droghe, da quanti invece restano fedeli ai precetti islamici. Questi  ultimi possono essere invece considerati detenuti modello: pregano 5  volte al giorno, sono pacifici, rispettano le regole".
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