Fatti vedere Pd, ma in Rete

Dalla Rassegna stampa

Sono attento in questi giorni a temi molto "alti" della politica, mi affascina il confronto tra dossettismo tramontato e neodegasperismo renziano, mi accapiglio in Transatlantico con i colleghi parlamentari.
Con quelli che tromboneggiano sulla necessità di tornare al voto di preferenza, mi infilo in analisi sottili sulla base dei sondaggi e sulle proiezioni immaginate secondo immaginifiche nuove leggi elettorali. Poi però apro Facebook e Twitter e noto la mobilitazione in rete dei grillini per spiegare il senso della nuotata del loro guru e immediatamente mi deprimo.
Spiego. Come Pd abbiamo una serie di carte da giocare straordinarie: siamo l'unico partito in Italia ad essere riconosciuto come tale, con una capacità di dibattito interno e una modalità di selezione della leadership considerate modello che altrove suscita invidia e tentativo d'imitazione; siamo meno invischiati di altri negli scandali orrendi emersi dalle regioni, volendo considerare Penati ormai un corpo estraneo al Pd e sperando di assumere l'impegno di non ricandidare i consiglieri regionali del Lazio che dovevano ribaltare il tavolo quando sono aumentati i contributi ai gruppi; siamo quelli che con più chiarezza vogliono sempre dare la parola ai cittadini, con le primarie, con la richiesta di andare a votare subito nei luoghi dove l'ambiguità (eufemismo) ha sopraffatto la politica. E però. E però.
E però la nostra capacità di farci male tra noi è sempre ad altissimo livello. Tra avvertimenti alla D'Alema, ipertrofia di qualche altro ego, confusione nell'indicazione delle vie d'uscita in particolare coalizionali per dare un governo politico al paese dopo le elezioni, rischiamo di affondare in un malessere popolare che accomuna tutti nel giudizio di disprezzo verso la politica nel suo complesso. Si salva solo Grillo e in Rete si vede. In Rete dobbiamo farci vedere anche noi. Soprattutto noi.
Vado dicendo e scrivendo da troppo tempo che la Rete non è un mezzo, è un messaggio. Ora mi sembra che la necessità di essere partito-Rete stia emergendo in tutta la sua forza perché mentre non ve ne accorgete Grillo e il suo M5S stanno crescendo verso livelli di consenso che sono molto più alti di quelli già enormi testati nei sondaggi. Uno spezzone significativo di questo elettorato, circa dieci milioni di persone, viene attualmente infilato nella casella statistica "astensionisti-indecisi-non sa-non risponde". Attezione, chi frequenta in profondità i social network sa che i principali influencers della Rete (quelli a indice Klout superiore a 70 per capirci) erano in massima parte astensionisti e ora si stanno muovendo verso l'indicazione di voto per Grillo, aiutati dagli scandali terrificanti di queste ultime settimane.
Non è più un'indicazione politica: è un'indicazione di ribaltamento di sistema, è un attacco alla democrazia rappresentativa e agli attuali partiti come espressione di essa. È invocazione della democrazia diretta e un argine all'interpretazione distruttiva di questo cambio di sistema, a mio avviso in realtà auspicabile, sta solo nella creazione rapida ed efficace di un partito-Rete in cui il Pd può diventare simbolo e punto di riferimento. Altrimenti Grillo nuoterà ancora e arriverà al trenta per cento e le elezioni del 2013 saranno ricordate come quelle che avviarono la crisi di stampa weimariano della Repubblica italiana.

 

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