"A Fastweb e Tis sapevano". Di Girolamo inguaia i manager

Dalla Rassegna stampa

Con l'ammissione di aver percepito «compensi» milionari dal gruppo di Gennaro Mokbel e con l'accusa ai vertici di Fastweb e di Telecom Italia Sparkle di essere bene informati della truffa, si è concluso martedì scorso l'interrogatorio in carcere dell'ex senatore del Pdl Nicola Di Girolamo: «C'erano dirigenti ben consapevoli della illiceità delle operazioni che dovevano consentire di accumulare somme ingenti di denaro attraverso il meccanismo della frode dell'Iva». Davanti ai magistrati di Romache indagano sul riciclaggio internazionale da due miliardi di euro (365 i milioni sottratti al fisco), Di Girolamo ha fatto nomi e cognomi degli ex manager delle due società (che ancora non hanno votato il commissariamento annunciato per ieri). E in cambio del lavoro reso al gruppo di Mokbel, Di Girolamo ha riconosciuto di avere percepito in tutto «un milione e 700 mila euro di cui 200 mila in contanti» per l'operazione Phuncard. Al di là di quest'ultima cifra la dinamica dell'incasso Di Girolamo l'ha raccontata così: «Presi 4 milioni di euro: un milione e mezzo sono restati a me, 2,5 erano destinati a un fondo comune per l'acquisto di partecipazioni in una holding, la Runa, costituita a Singapore».
Alcuni manager di Fastweb e di Telecom Sparkle erano insomma al corrente delle operazioni di telefonia consumate attraverso la frode al fisco. «I nomi che ricorrevano», ha dichiarato Di Girolamo, «sono quelli che faceva Carlo Focarelli, ideatore di quelle operazioni, con competenze in telecomunicazioni, informatica e operazioni Iva: Stefano Mazzitelli, ex ad di TIS, Massimo Comito, responsabile dell'area europea, Antonio Catanzariti (vendite di trafffico all'ingrosso), Giuseppe Crudele e Bruno Zito manager di Fastweb, persone con le quali Focarelli riferiva di avere contatti operativi». Quindi, ha concluso Di Girolamo, «immagino che quei dirigenti fossero a conoscenza della illiceità delle operazioni».
Di Girolamo ricevette sui «200 mila euro in contanti» per l'operazione Phuncard: «Non sono stato parte attiva», ha detto ai pm Francesca Passaniti, Giancarlo Capaldo e Giovanni Bombardieri che indagano sul maxiriciclaggio, «ma ero a conoscenza dell'iniziativa». «Il mio compenso è variato in ragione dei profitti, sempre crescenti, dell'operazione. Dei 4 milioni - ha precisato Di Girolamo -, secondo le decisioni di Mokbel, due milioni e mezzo dovevano rimanere come fondo comune per l'acquisizione di partecipazioni della holding Runa, mentre io ho percepito un milione attraverso la società Gis e 500 mila euro con le Antiche Officine Campidoglio». «Dalla Runa», ha detto Di Girolamo, «dotata di un fondo iniziale di 5 milioni, non so che operazione sia stata realizzata. Erano previste dalle 10 alle 13 quote da 2 milioni e mezzo ciascuna per la costituzione della Runa: oltre a me, ricordo che avrebbero dovuto partecipare, Mokbel, Ricci, Toseroni, Focarelli, Breccolotti, Murri, Fanella, gli inglesi».
Il tribunale del riesame, il 17 marzo valuterà il ricorso presentato dall'ex ad e fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia, mentre sulle richieste avanzate da 21 indagati, tra le quali quella di Mazzitelli, Comito, Catanzariti, Zito e Crudele si pronuncerà in corrispondenza con la scadenza, per ognuno, dei termini di custodia cautelare.
 

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