La Farnesina: non decidiamo noi i rimpatri

La Farnesina si chiama fuori. Lo fa con una nuova precisazione per chiarire che il ministero degli Esteri non ha «alcuna competenza in materia di espulsione di stranieri, né accesso ai dati» sui rifugiati politici in Paesi terzi, ma deve solo «verificare l’eventuale presenza nella lista di agenti diplomatici accreditati in Italia di nominativi che possano essere di volta in volta segnalati dalle autorità di sicurezza italiane». Impossibile, con la mole di richieste che arriva quotidianamente, passare in rassegna ogni nome soprattutto se questi non destano sospetti come nel caso della signora che venne presentata con il suo nome da nubile ai funzionari degli uffici del ministero. Insomma una palese presa di distanze dall’operato del Viminale preceduta da due interviste in cui Emma Bonino ha tenuto a sottolineare di aver chiesto, il 2 giugno, al ministro dell’Interno Alfano «di seguire il caso di persona».
Già nelle ore seguenti il blitz e il rimpatrio il ministero degli Esteri aveva sollevato la questione del rispetto dei diritti umani e ancora dopo si era preoccupata di mandare il console italiano in Kazakhstan dalla Shalabayeva per farle firmare carte per il ricorso. Aspettando sull’accaduto la relazione del prefetto Pansa (entro mercoledì) gli strascichi dell’espulsione, poi revocata da Palazzo Chigi, di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov (ricercato nel suo Paese per frode e malversazioni di capitali e ora rifugiato politico in Gran Bretagna), e della figlia Alua di appena 6 anni, continuano a tingere di giallo e a caricare di tensione un intrigo internazionale con prevedibili e pesanti ricadute sui già fragili equilibri interni dell’esecutivo e della maggioranza che lo sostiene. Il quadro politico, d’altra parte, si aggrava di ora in ora, dopo la doppia mozione di sfiducia annunciata da Sel e M5S nei confronti del ministro Alfano che non è escluso possa riferire alle Camere sull’accaduto già giovedì. Il capo della polizia, Alessandro Pansa, dovrà chiarire come e perché si sia interrotta la comunicazione. Sciogliendo un dubbio su tutti: davvero il governo non era stato informato? Anche il ministro della Giustizia potrebbe avviare una verifica sull’operato degli uffici giudiziari che hanno seguito i passaggi connessi all’espulsione, ma almeno per ora si tende ad escluderlo. «Salterà qualche testa? Penso sia prematuro dirlo - afferma un funzionario del Dipartimento di sicurezza - prima serve un’attenta ricostruzione dei fatti». Quella a cui sta lavorando proprio il prefetto Pansa.
© 2013 La Stampa. Tutti i diritti riservati
SU