Farnesina e Difesa studiano le contromosse

Come reagirà Malia? È quel che si domandano tutti, se oggi, come forse accadrà, dovesse davvero venire formulata in aula l’accusa paradossale di pirateria per i fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sospettati di aver ucciso due pescatori del Kerala durante un pattugliamento anti-pirati a bordo della petroliera Erica Lexie. E cosa eventualmente si farà di fronte a un nuovo, tattico, rinvio? L’Italia attenderà ancora che facciano effetto le pressioni internazionali o passerà a un «piano B»? La domanda, la peggiore possibile da prendere in considerazione per un ministro appena insediato, ieri non riceveva risposte nette.La Farnesina, che ha visto sostituire Emma Bonino, è guidata da una volenterosa esordiente della diplomazia, Federica Mogherini che ha bisogno di più tempo per padroneggiare la vicenda di una domenica passata «at work» (come lei stessa ha twittato), cioè «al lavoro». Più avvantaggiato, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, essendo stata sottosegretario nello stesso dicastero. Ma è chiaro che la responsabilità della linea da tenere sarà assunta in pieno dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
Non a caso, ancor prima della fiducia ha voluto assicurare il paese e i Marò via Twitter: «Faremo semplicemente di tutto». Ma, ancorché decisionista, difficilmente nelle poche ore di governo appena trascorse, Renzi avrebbe potuto imbastire, o dare l’avallo, a una linea diversa da quella della cautela, varare una strategia più incisiva: si deve, almeno per il momento, restare nel solco della decisione già presa di ritirare l’ambasciatore a New Delhi e far tornare l’inviato Staffan de Mistura. Dunque, almeno secondo quanto filtrava ieri da ambienti di governo, oggi l’intenzione è di attendere. Capire le nuove mosse della giustizia indiana. Vedere se davvero ci sarà l’incriminazione e non il consueto rinvio. E se prevarrà la linea dura dell’applicazione del «Sua Act», la legge anti terrorismo e anti pirateria, o quella più morbida della legge ordinaria, che invertirebbe l’onere della prova a carico della giustizia indiana, e alleggerirebbe la posizione dei due fucilieri. Secondo alcuni facendo saltare del tutto il processo, ma certamente dando più voce alla difesa che chiede il rimpatrio in attesa dell’eventuale dibattimento. Sicuramente, filtra dal governo, verrà giocata con più forza la carta dell’arbitrato internazionale, visto che i due fucilieri del Battaglione San Marco avrebbero sparato, sia pure in acque contigue alle coste indiane, nel corso di un’operazione militare stabilita da convenzioni internazionali anti-pirateria. E dell’eventuale incidente, che i militari continuano a smentire professandosi innocenti, non sarebbe competente New Delhi.
Nessuna prova muscolare immediata, dunque, anche perché grazie al lavoro di alleanze intessute dal precedente governo, ormai il caso è all’attenzione del l’Unione Europea e nelle prossime ore sarà riproposto dal ministro della Difesa in una riunione della Nato. E non aiuta eventuali soluzioni creative, il recentissimo cambio al vertice anche dell’Aise, il servizio segreto che opera all’estero, ora diretto ad interim dall’ex prefetto Paolo Scarpis. Certo è che se la partita è cruciale per le elezioni di aprile in India, visto che si può ritorcere contro il partito dell’italiana Sonia Gandhi, lo è altrettanto da noi. Riportare a casa i Marò sarebbe per Renzi un’assicurazione sulla vita del governo ben più di qualsiasi riforma. Cedere all’India potrebbe metterlo fortemente a repentaglio.
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