Fame di giustizia

Caro lettore,
se anche tu ritieni, come molti tra i “benpensanti” e onesti della società civile, che lo stato delle prigioni del tuo Paese non ti riguardi, ti chiediamo di riconsiderare questa posizione. E di riflettere sul significato e le conseguenze - spesso pratiche per la vita di ogni cittadino, italiano e straniero, colpevole e “innocente fino a prova contraria” - delle condizioni del nostro sistema penale, messe in luce da notizie allarmanti che ora dopo ora descrivono una situazione insostenibile. Noi Radicali non aspettavamo certo che il ministro della Giustizia dichiarasse, come ha fatto, che le carceri italiane sono “incostituzionali”, per giungere alla stessa conclusione. Non può che ritenerle tali, infatti, chiunque si prenda la briga di affacciarsi su quel mondo opaco, celato ai più dalle sbarre e dalla burocrazia. Chiunque si interroghi sul rispetto dell’articolo 27 della Costituzione, che vuole dignità e rieducazione per il detenuto. Oltre 65mila persone oggi affollano spazi che ne potrebbero contenere solo 43mila. Mancano all’appello 8.000 agenti di custodia rispetto all’organico regolamentare. Risulta carente il numero delle altre figure professionali: dagli educatori agli psicologi, ai medici e agli infermieri, ai magistrati di sorveglianza, cui è affidata la cura dei detenuti. La metà di loro è in attesa di giudizio e, di questi, il 40 per cento viene riconosciuto innocente, spesso dopo anni di limbo giudiziario. Se non si può non essere d’accordo con il ministro Alfano sullo stato delle prigioni italiane, bisogna altresì rilevare come lui stesso stia, fino ad ora, ricalcando le orme di troppi suoi predecessori, di qualsiasi colore politico, che non hanno voluto o saputo occuparsi di questo universo. Dalle dichiarazioni di Alfano sono trascorse ben 44 sedute del Consiglio dei ministri. Eppure l’impegno suo e del governo non è andato al di là dei periodici annunci di un “piano carceri”, che pare inattuabile perché privo di coperture finanziarie, e che comunque richiederebbe tempi del tutto incompatibili con l’emergenza in corso. Non sarebbe giusto, però, rassegnarsi all’inerzia di uno Stato che persevera in situazioni di illegalità conclamata e che determina per molti - quand’anche colpevoli - una pena supplementare, degradante e incostituzionale, oltre a quella cui qualsiasi tribunale possa aver mai condannato. Non può rassegnarsi a questo stato di cose soprattutto chi è titolare dei mezzi costituzionali preposti a indirizzare l’azione del governo verso le sue responsabilità, ossia il Parlamento. Con la deputata radicale Rita Bernardini, promotrice di una mozione parlamentare che raccoglie riforme urgenti e provvedimenti veramente praticabili per superare l’emergenza carceri, stiamo conducendo dal 18 novembre un’azione di lotta nonviolenta di sciopero della fame. Con questa iniziativa, che continua a raccogliere adesioni, chiediamo che venga calendarizzata quella mozione e che il Parlamento apra un grande dibattito per discutere proposte decisive e farsi finalmente carico della richiesta di attenzione che viene dai luoghi di pena. Ti chiediamo di unirti a noi in questo sforzo di ricerca del dialogo con le istituzioni, rendendoti protagonista di un atto di Rivolta con le sole armi davvero efficaci della nonviolenza. Affinché possa fiorire in seno alle istituzioni una speranza di cambiamento e di reale riforma: una gemma del Grande Satyagraha mondiale per la Pace, la Legalità e la Giustizia per il quale, come Radicali, siamo mobilitati. La tua adesione simbolica, anche per pochi giorni, al nostro digiuno è un prezioso sostegno a questa lotta, che è soprattutto la tua e di ognuno. Per essere il cambiamento che vuoi vedere nel mondo, al più presto in Italia e anche nel suo sistema penitenziario. Solo tu puoi decidere se, quando e come, ma facciamolo insieme! Datti e dacci forza!
Per aderire all’iniziativa: www.radicali.it/appello_carceri/form.php
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