La faccia tosta del trio ABC: toglierci i contributi è un dramma

Giù le mani dai finanziamenti ai partiti. Firmato: Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. I leader di Pdl, Pd e Udc lo scrivono nella proposta di legge della maggioranza contenente le «misure per garantire la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti e dei movimenti politici», testo figlio dell'accordo siglato la scorsa settimana dopo l'accordo trai rispettivi tecnici.
La maggioranza fa muro
«Cancellare del tutto i finanziamenti pubblici destinati ai partiti - già drasticamente tagliati dalle manovre finanziarie del 2010-2011 - sarebbe un errore drammatico che punirebbe tutti allo stesso modo e metterebbe la politica completamente nelle mani di lobbies, centri di potere e di interesse particolare», lanciano l'allarme ABC nella relazione allegata al provvedimento. Provvedimento firmato, oltre che dai leader, anche dai capigruppo di Pdl, Fli e Api (Fabrizio Cicchitto, Benedetto Della Vedova e Pino Pisicchio) visto il ruolo di presidente dei deputati udc di Casini. Così pure i finiani, che con Italo Bocchino avevano fatto fuoco e fiamme contro la proposta («rischia di essere acqua fresca», l'aveva stroncata domenica sera), mettono la loro firma sull'articolato. Altro che abolizione dei rimborsi, la strada maestra è approvare «regole certe che garantiscano la trasparenza e il controllo dei bilanci». E poi, aggiungono ABC, approvare una successiva«legge organica che trasformi i partiti in associazioni riconosciute, dotate di personalità giuridica, con precisi requisiti statutari». Attuando l'articolo 49 della Costituzione. Prima, però, c'è da condurre in porto la proposta di legge con il mini giro di vite sulla trasparenza (controllo dei bilanci alla commissione da costituire ad hoc, pubblicazione dei rendiconti su Internet e inasprimento delle sanzioni), che però non tocca l'ultima tranche del finanziamento.
Oggi esame in aula
Il testo è atteso oggi da un primo banco di prova: il voto sull'assegnazione o meno alla commissione Affari costituzionali in sede legislativa, che permetterebbe al provvedimento di marciare in modo più spedito bypassando l'Aula. Ieri Gianfranco Fini, presidente della Camera, ha formalizzato la richiesta di esame in sede deliberante. Destinazione, però, tutt'altro che scontata, visto che basta l'opposizione di un quinto della commissione Affari costituzionali, o di un decimo dell'assemblea, per impedirlo. E in Parlamento le voci critiche non mancano. In prima linea ci sono i 59 leghisti e i sei radicali. Senza contare i mal di pancia nel Pdl. «Sono sconcertato dalle parole dei leader, quando arriverà in commissione e in Aula il disegno di legge non voterò nulla che eluda il problema della somma che i partiti ricevono dallo Stato», avverte il berlusconiano Giorgio Stracquadanio. Se lui e gli altri votassero contro, l'iter accelerato in commissione sarebbe bocciato, visto che il numero di 66 deputati supererebbe di tre la soglia richiesta. Così il Pd, fiutata l'aria, in serata fa sapere di essere pronto, fin da oggi, a prendere in considerazione una riformatale da ridurre ulteriormente i fondi destinati alle forze politiche.
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