Evviva la correnti nel Pdl

La mancanza di fantasia o la coazione a ripetere di molta stampa italiana, quando si tratta di analizzare i fatti della politica, la si vede già, nel caso che ci interessa e che ora discuteremo, in quell'incipit scialbo, nemmeno troppo spiritoso, che da due giorni tutti vanno ripetendo e scrivendo: "nascerà il primo di aprile, ma non sarà uno scherzo".
Il riferimento, come si sarà capito, è alla nascita ufficiale, prevista appunto per il primo giorno di aprile, di Generazione Italia, il raggruppamento annunciato da Italo Bocchino, che ne sarà l'organizzatore, con l'idea manifesta di sostenere la battaglia politica di Gianfranco Fini all'interno del Pdl.
Ciò che si da per scontato, da parte di tutti gli osservatori, è che quest'operazione rappresenti l'inizio della fine, il primo passo verso l'imminente implosione del grande partito dei moderati italiani, che alla prova dei fatti non avrà resistito nemmeno un anno. Si tratta solo d'aspettare l'esito delle amministrative, che per il centrodestra potrebbero riservare qualche amara sorpresa. A quel punto, la separazione di Fini da Berlusconi sarebbe da considerare inevitabile. Tante volte annunciata sulla stampa, tante volte minacciata o auspicata dagli intransigenti del finismo e del berlusconismo, sempre troppo su di giri, e infine destinata a concretizzarsi nella forma più scontata e inevitabilmente traumatica.
Resta però da capire se le cose stiano davvero così, se in politica i movimenti e le scelte degli attori obbediscano a una logica tanto facile e meccanica, se alle intenzioni e volontà manifeste facciamo sempre velo quelle occulte e recondite, da prendere più seriamente delle prime. Si potrebbe infatti facilmente invertire il ragionamento corrente e sostenere, assumendo alla lettera gli obiettivi dichiarati dai suoi promotori, che quest'iniziativa, lungi dal portare il Pdl ad una morte prematura, potrebbe invece rappresentare per quest'ultimo il segnale di una ritrovata vitalità, ed essere dunque l'inizio di una stagione nuova, dopo il faticoso rodaggio seguito alla sua nascita nemmeno un anno fa.
Insomma, non è assolutamente detto che Generazione Italia nasca con l'obiettivo, palese
o inconsapevole, di dissolvere il Pdl, anche se quest'ipotesi piace alla stampa tutta, che infatti la cavalca con titoli ad effetto. Con un atto di immaginazione, la si potrebbe anche considerare un'operazione che potrebbe rafforzarlo rispetto al suo progetto originario, che è sempre stato quello di dare vita, nella logica del bipolarismo, a un grande partito maggioritario, con una forte e indiscussa leadership, all'interno del quale far convivere, valorizzandole nella loro specificità, cercando tra di esse una sintesi politica originale, molteplici storie, sensibilità e tradizioni culturali. Un progetto va da sé difficile da realizzare, come dimostrano le speculari difficoltà del Partito democratico, ma tutt'altro che effimero o votato anzitempo allo scacco. Piuttosto che un atto di insubordinazione, inopportuno e intempestivo, destinato a minare un partito che ci si ostina a confondere con la persona fisica del suo indiscusso leader, un partito che in fondo nessuno, osservatori e protagonisti, ha mai preso sul serio come autonoma realtà politica, quello immaginata da Bocchino potrebbe dunque essere considerato un gesto politico chiarificatore, che oltre a rendere il Pdl un partito finalmente normale, in prospettiva, pone fine a molte cattive interpretazioni, politiche e politologiche.
A cominciare da quella che ha sempre considerato Forza Italia, in tutta la sua storia, e di conseguenza il Pdl, che ne sarebbe un'estensione nominale, null'altro che un partito padronale, per definizione magmatico ed evanescente, destinato a vivere solo della luce riflessa e della volontà del suo fondatore.
In realtà, mentre cresceva la sua forza elettorale e dunque la sua presenza sul territorio nazionale, Forza Italia era già divenuto un partito al suo interno assai composito, con molte anime e componenti, nel quale erano cresciute singole personalità politiche, al centro come in periferia, e si erano strutturati gruppi e correnti, finanche potentati territoriali, gelosi della propria autonomia e con grandi capacità di manovra. Un partito rimasto sempre a guida carismatica, ma tutt'altro che di plastica o un tubo vuoto come ci si ostinava a considerarlo, del quale, strada facendo, nemmeno il medesimo Berlusconi ha potuto più disporre a suo piacimento come alle origini, segnate dal movimentismo e dall'informalità.
La scommessa del Pdl, con la sinergia tra Forza Italia e Alleanza nazionale, ha complicato ancora di più il quadro, ha accentuato il pluralismo interno e la dialettica tra le diverse componenti e le molte personalità in esso confluite. Per circa un anno, un tempo brevissimo nella vita di qualsiasi organismo,si è pensato, con qualche ragione, che congelare lo status quo e i rapporti di forza, mettendo la sordina a potenziali dissensi o contrasti di linea politica, del tutto fisiologici in partiti di questa dimensione e con questa natura, fosse il modo migliore per garantirne la stabilità e il buon funzionamento. Ciò che è emersa di recente è invece la consapevolezza, da molti condivisa anche se il solo Fini sembra averla resa manifesta, che la forza e l'originalità del Pdl risiedono proprio nella sua complessa articolazione culturale e politica, che non può essere sacrificata o negata solo perché ossessionati dall'idea di mantenersi fedeli ad una leadership che si vorrebbe eterna o perché nostalgici di un modello di partito e di una concezione della politica che appartengono alla preistoria del berlusconismo, alla sua irripetibile stagione eroica.
Ciò significa che la "corrente" immaginata da Bocchino, se non vissuta come una minaccia all'unità del partito o un atto di lesa maestà, potrebbe stimolare anche le altre componenti, che di fatto già esistono, a venire allo scoperto e a organizzarsi pubblicamente a loro volta, facendo così lievitare il confronto politico-ideale, la partecipazione dal basso di militanti e amministratori
locali e quindi la democrazia interna, creando un rapporto finalmente virtuoso tra centro e
periferia, favorendo la crescita e la formazione di nuovo personale politico. A quel punto forse il
Pdl, sino a ieri in effetti moribondo, sarà nato per davvero. Sarà magari più conflittuale, ma sicuramente più dinamico. E potrebbe persino avere, con Berlusconi e Fini ancora insieme, ognuno con le sue legittime visioni, un grande futuro.
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