Europa contro Obama, ma è Putin il problema

Dalla Rassegna stampa

Da Berlino ad Atene. Nel giorno dell’ingresso della Croazia nell’Unione l’Europa si ritrova tutta unita nella stessa trincea contro l’alleato americano sull’Nsa-Gate.

Dopo che domenica il governo tedesco aveva inoltrato una richiesta formale di spiegazioni alla Casa Bianca, ieri sono stati i greci a chiedere conto delle intercettazioni ai danni delle sedi diplomatiche elleniche. «Lo spionaggio dell’Europa da parte degli Stati Uniti deve cessare immediatamente» ha chiesto il presidente francese Hollande, agganciando la richiesta di garanzie nientemeno che al buon esito dei negoziati per un accordo di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico.

In Italia il presidente Napolitano ha chiesto «risposte soddisfacenti su una questione spinosa che ha provocato una forte discussione tra istituzioni europee e amministrazione americana». Anche il premier Letta è intervenuto ribadendo «fiducia che tutti i chiarimenti saranno dati. Non ho dubbi che questo avverrà e noi chiederemo che questo avvenga» e in giornata il ministro degli Esteri, Emma Bonino, aveva fatto sapere di aver chiesto «ufficialmente conto delle operazioni di spionaggio al governo statunitense».

L’Europa (al netto della posizione isolata dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la baronessa inglese Catherine Ashton) si è schierata tutta da una parte e gli Usa dall’altra. Il segretario di stato americano, John Kerry, in mattinata aveva provato a snobbare le proteste dei governi dell’Ue: «Non è inusuale che i paesi intraprendano attività per proteggere la loro sicurezza nazionale» aveva puntualizzato. Poi, vista la compattezza del fronte europeo, Barack Obama ha dovuto correggere il tiro: «Daremo agli alleati europei le spiegazioni che chiedono» ha concesso, parlando dal suo tour africano.

Nel frattempo, dopo che la via dell’Ecuador si è rivelata impraticabile (da Mosca dicono per responsabilità del paese sudamericano, da Quito incolpano l’opposizione dei russi) Snowden ha presentato domanda di asilo politico in Russia al servizio di immigrazione federale di Mosca. A presentare la richiesta è stata Sarah Harrison, la giornalista britannica e consulente legale di WikiLeaks che accompagna il giovane analista informatico americano che si è rivolta al consolato russo presente nell’area transiti dell’aeroporto moscovita di Sheremetyevo, dove la "talpa" è asserragliata dal 23 giugno scorso, quando vi è arrivata da Hong Kong.

Vladimir Putin non ha intenzione di lasciarsi sfuggire il prezioso ospite e ieri ha iniziato a costruire intorno all’ex agente americano una narrazione da campione dei diritti umani. «Si sente, più che un ex ufficiale dell’intelligence, un dissidente, qualcosa di simile a Sakharov», il fisico sovietico, famoso per il contributo alla messa a punto della bomba all’idrogeno e successivamente per la sua attività in favore dei diritti civili che gli valse il premio Nobel per la pace. Putin ha confermato che «la Russia non sta estradando nessuno e non lo farà». Se Snowden vuole stare in Russia deve però «cessare il suo lavoro volto a danneggiare i nostri partner americani», ha specificato, aggiungendo che «Snowden non è un agente russo, e i servizi segreti russi non stanno lavorando con lui».

 

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