Gli errori dei maggioritari

Alcuni costituzionalisti, guidati da Onida, Sartori, Casavola e Capotosti, hanno sottoscritto un appello «per una legge elettorale coerente con l'impianto costituzionale e con i principi che regolano la legislazione elettorale europea». Per una riforma che corregga il sistema proporzionale con l'introduzione di collegi uninominali, con il voto di sfiducia costruttiva e con una soglia di sbarramento sul modello tedesco, oppure per un sistema uninominale maggioritario a doppio turno sul modello francese; con le opportune correzioni per rispettare il ruolo del parlamento. Rimettere sul binario giusto il dibattito sulla riforma del "porcellum”, sta diventando prioritario per chi vuole una sfida elettorale che si concluda con una vera alternativa a Berlusconi. Il quale, parlando "a braccio" al forum di Yarostav "sulla democrazia", ha esaltato - forse pensando a se stesso - il modello del Cremlino e la concentrazione del potere nelle mani di Putin, che sarebbe «un dono di Dio» per la Russia. Onida e Sartori si sono ispirati alla proposta elaborata da Roberto Ruffilli all'inizio degli anni '80: per fare del cittadino l'arbitro nella contesa tra i partiti, e per resistere alla partitocrazia ma anche alla deriva plebiscitaria che si stava delineando. Infatti Ruffilli era convinto che la strategia referendaria, giustificata dall'inerzia del parlamento e dall'intenzione di colpire la partitocrazia, avrebbe favorito la deriva populista e travolto la democrazia parlamentare. Si sarebbe cioè affermato un sistema oligarchico peggiore - anche dal punto di vista della moralità della vita politica - di quello che stava per essere condannato con Tangentopoli.
L'appello cui mi sono riferito sostiene una tesi opposta a quella riproposta da Barbera, Pannella ed altri per rilanciare l'uninominale-maggioritario. Sartori, in particolare, con alcuni articoli scritti per Il Corriere della Sera, è tornato sulle polemiche del passato, per dimostrare quale è l'inevitabile deriva cui porta un sistema caratterizzato dalla personalizzazione della lotta politica, e per ribadire che se l'obiettivo dei maggioritari è la democrazia dell'alternanza, è meglio il modello tedesco che l'uninominale maggioritario.
D'altra parte non possiamo ignorare che le ultime elezioni britanniche hanno registrato il declino del tradizionale bipolarismo laburisti/conservatori e l'affacciarsi del "terzo partito" liberale; e che dopo questo voto si è avviato in Gran Bretagna un dibattito che potrebbe concludersi con una riforma in senso proporzionale di quel sistema. Bill Emmott, già direttore dell'Economist, ha sostenuto (su La Stampa) che «il maggioritario, per l'Italia non funziona», poiché per una società complessa come quella italiana è necessario un sistema «che scoraggi i partiti minuscoli, ma che riconosca la diversità e la diffusione di interessi politici e di identità». La reazione a queste tesi ha sorvolato sulle critiche di Emmott e su quelle di Sartori, anche perché nel modello Westminster è centrale il ruolo del parlamento, mentre la strategia dei maggioritari italiani umilia il parlamento, affida al presidenzialismo la stabilità del governo, fonda il bipolarismo sul trasformismo e sulla radicalizzazione dello scontro politico. Come stiamo sperimentando.
Ho sostenuto più volte, su Europa, che il berlusconismo ha tratto alimento da questo intreccio perverso, e che per questo motivo la fine del bipolarismo "realizzato" segnerà anche il declino del berlusconismo. E di chi ha costruito la propria identità sull'alternativa a Berlusconi. Per queste ragioni condivido l'appello di Valerio Onida, mentre ritengo sbagliato affermare che sottoporre ai cittadini le proposte di governo «prima del voto», rappresenti «una superiore qualità della democrazia»; in realtà con questa formula si accetta l'idea di sovranità cui hanno fatto riferimento Berlusconi e Bossi quando hanno legittimato la "dittatura della maggioranza" per stravolgere la democrazia parlamentare incardinata sulla Costituzione.
D'altra parte è bene ricordare che la grande maggioranza degli italiani ha confermato il ruolo del parlamento con il referendum costituzionale del 2006; e che in questi giorni un sondaggio riportato dal Riformista assegna alla proporzionale più del 40 per cento delle preferenze, smentendo chi ritiene che ormai la grande maggiorana sostiene con convinzione l'uninominale-maggioritario, poiché le candidature di collegio sono l'unica alternativa allo strapotere delle segreterie di partito. Come se con il bipolarismo all'italiana non prevalesse nettamente (soprattutto a destra) il voto di schieramento sul voto al singolo candidato; come se - anche con il “mattarellum”- le segreterie non avessero il potere di assegnare ai candidati "amici" i collegi ritenuti sicuri; e come se nelle elezioni per il senato del 1996, le regole del maggioritario non fossero state aggirate con il patto di "desistenza" tra l'Ulivo e Rifondazione comunista. In realtà le candidature di collegio sono coniugabili anche con la proporzionale, come dimostra la legge in vigore per l'elezione dei consigli provinciali e come ha dimostrato la vecchia legge per l'elezione del senato. E l'appello dei costituzionalisti propone una uninominale di questo tipo quando fa riferimento al sistema tedesco od a quello francese, ed alle loro possibili correzioni. Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
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