Eretico Sciascia

Se ne sta seduto su uno scoglio della sua Sicilia con lo sguardo perso a guardare il mare: così appare Leonardo Sciascia, grande maestro di letteratura e di vita, sulla copertina dell'ultima «biografia ragionata», scritta da un suo grande amico, Emanuele Macaluso. Sciascia è stato uno scrittore, e che scrittore, ma probabilmente sono più i libri scritti su di lui che quelli scritti da lui: in tanti hanno sondato la sua prosa asciutta, animata da uno spirito ribelle e al tempo stesso pacato.
Gli autori che si sono occupati di lui sono con la A maiuscola: c'è anche Camilleri. Eppure di «Leonardo Sciascia e i comunisti», edito da Feltrinelli, si sentiva il bisogno. Perché, come sanno fare solo i politici di lungo corso, Macaluso non gira attorno alle cose: va al nocciolo del problema. «Inchioda» l'argomento centrale che, fatti salvi il genio, l'arte e la creatività dello scrittore è di natura tutta. politica.
Sciascia, classe 1921, intellettualmente nasce antifascista, segretamente in contatto con i comunisti quando, nel ventennio, questo poteva procurare guai brutti: il confino o peggio. Insomma è stato comunista o simpatizzante comunista nel momento più difficile. Poi, dopo la Liberazione, dal comunismo si scosta, si allontana. Divorzia. Fino a diventare, nel '79, deputato nelle liste del Partito Radicale. Leonardo Sciascia, autore di «Il Consiglio d'Egitto», «Il giorno della civetta», «Todo modo», di uno strepitoso, un po' dimenticato «La scomparsa di Majorana», si spegnerà nel 1989, lo stesso anno nel quale Achille Occhetto seppellisce il Pci. Strana cosa il destino.
Il saggio di Macaluso analizza minuziosamente questo periodo, i rapporti stretti dello scrittore con il partito all'epoca della clandestinità. Le avventure siciliane, quando le spie del regime giravano per i paesi stuzzicando le persone nelle osterie, nella speranza di pizzicare qualcuno che aveva qualcosa da ridire sull'operato del duce... Rapporti che poi si andarono sciogliendo fino a far apparire lo scrittore come un eretico. Ai comunisti. Leggendo le righe di Macaluso sorge spontanea una domanda: ma fu Sciascia a tradire i comunisti o furono i comunisti a tradire loro stessi? Lo scrittore di Racalmuto cominciò ad essere insofferente nei confronti del Pci quando, subito dopo la guerra, cominciò ad incontrare nei corridoi delle sedi gente che prima girava in camicia nera. E come dargli torto? C'era chi vedeva la Dc come un mostro. Ma Sciascia si rendeva conto che il Pci ne stava diventando la copia speculare.
Nel '74 Sciascia si impegna nella campagna referendaria per il divorzio. Ed è sconcertato dalle posizioni incerte, timorose, degli amici comunisti. Ma amici non lo erano più. Nel libro sono riportati una serie di articoli critici, molti del '72, molti apparsi sull'Unità, scritti da eminenti comunisti: c'è anche Renato Guttuso. Ex fascista. Leggere oggi quelle pagine sembra una beffa: «La via della ripresa della cultura siciliana scriveva Napoleone Colajanni sull'Unità nel '72 passa per la costruzione di un rapporto solido tra sicilianismo e movimento operaio (...) Occorre spirito critico, contributo originale... Tutte cose che Sciascia potrà ritornare a dare se sarà capace di superare la sua crisi». Ma chi era in crisi? Sciascia o i comunisti? La storia ce l'ha spiegato molto bene.
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