Emma, amarezza ma niente rimorsi. "Ho fatto tutto quello che potevo"

Sconfitta. Emma Bonino ha perso e la sua faccia non nasconde l’amarezza: «Ringrazio gli elettori che hanno creduto in me». Nel cuore della notte, a scrutinio terminato, quando già Renata Polverini festeggia a Piazza del Popolo, la candidata del centrosinistra affronta la botta. Scrive su un foglio due cose da dire al microfono. Intorno, nella sede del comitato, l’atmosfera è di grande delusione. Due ragazze piangono. Emma le guarda con tenerezza. Mentre è con rabbia che pensa a quanto siano mancati i canali ufficiali, i
media tradizionali, «occupati» dalla maggioranza e dal suo leader.
Alla fine, un po’ più di diecimila voti mancano all’appello. Roma e provincia l’hanno scelta in massa, ma non ha sfondato nelle altre province dove la debacle è bruciante. Frosinone, Rieti, Latina. Non a caso Polverini ringrazia. Emma non scende subito nel loft affollato di giornalisti. Vuoi sentire forte e chiaro la sentenza definitiva. Per la verità, i suoi attendono anche che si facciano vedere gli esponenti di vertice del Pd per condividere la batosta, magari proprio Bersani in persona.
Con lei invece c’è solo Nicola Zingaretti, presidente della Provincia, senza cravatta, pallido. Ma in molti, anche amici, se ne sono andati: «Basta, andiamo a dormire, è finita». «Fai quel che devi, succederà quel che può». Così le diceva sua madre. E adesso, rivedendo alla moviola questa lunga campagna elettorale, i rimorsi sono davvero pochi: «Ho fatto quel che potevo». Niente errori di comunicazione, passi falsi, niente battute infelici, nonostante le tante provocazioni, anche molto illustri e d’Oltretevere, sull’aborto, sulla famiglia, sull’eredità Marrazzo. La squadra che l’ha accompagnata nell’avventura che ora assiste delusa, alla fine del sogno, si è mossa compatta. I radicali si sono saldati con la comunità del Pd. Riccardo Milana, senatore, vicino a Marini, e coordinatore dell’impresa, era partito prudente, «Ma poi, di Emma, del suo modo di fare, dell’energia, della competenza acquisita sul campo, si è innamorato», dicono al quartier generale in questa notte mesta. E che dire di Pannella? Anche Marco, irruente, naturalmente protagonista, ha avuto mesi di fair play e, diciamolo pure, di affettuosa discrezione. Non è questo che non ha funzionato. Semmai è una parte del Paese - perché questa sconfinava oltre il territorio dove si è consumata- che non ha risposto alla«visione» di Emma, a quel suo insistere con le parole chiave della sua sfida: legalità, trasparenza, onestà. Equilibri che si sentivano insidiati, assetti di potere che hanno scelto di interloquire con Renata Polverini, protetta dal rush finale del premier.
Emma un po’ l’aveva capito che le cose stavano prendendo una piega rischiosa: «Sarà una battaglia al photofinish», aveva detto.
Troppo il peso del capo del governo, i suoi interventi televisivi a pioggia, troppo poche le forze per contrastarlo. Certo non poteva bastare a raggiungere gli indecisi la diretta di Radioradicale alla vigilia del voto. Emma la «dulce», come la chiamavano gli spagnoli all’epoca del suo lavoro di commissaria a
Bruxelles, ce l’ha messa tutta. Ha girato in lungo e in largo il territorio, ha studiato da par suo, cioè «da secchiona», come si autodefinisce, il dossier sulla sanità regionale, inghiottita da una voragine di debiti lasciati dalla gestione Storace. Ha picchiato duro sul centrodestra senza sferrare colpi bassi nei confronti dell’avversaria e dei suo programma «da libro dei sogni».
Mesi di fatica, bocciati dagli elettori che hanno preferito non osare, non affidarsi ad una signora colta, poliglotta, fuori dai giri che si porta in borsetta il discorso di Pericle agli Ateniesi del 461 a, c. («Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così»). E adesso? «Farò l’opposizione in consiglio come prevede la legge»,dice.
Certo sul viso c’ è la delusione ma Emma, come sempre, ripartirà: «Le battaglie civili che vorrei combattere sono così tante che non mi basterebbero dieci vite».
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