Emergency, il governo ritrova la responsabilità

Dalla Rassegna stampa

E infine, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prese la penna per scrivere al presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai. Al Governo sono serviti quattro tragicomiche giornate di paure, preghiere, distinguo, rettifiche e rassicurazioni per dare al caso Emergency una prima, doverosa e assennata risposta. Nulla di eccezionale, un atto dovuto sul cui contenuto del resto poco o nulla trapela.
Ma pare quasi un gesto da statista, a confronto dello spettacolo andato in scena finora. Un ministro (della Difesa) che si lancia in spericolate analogie storiche-politiche, discettando sul pericolo infiltrazioni di Nar, Br e Talebani. Un ministro (degli Esteri) che si premura in primis di sottolineare l’assenza di legami tra l’Ong sotto accusa e la Cooperazione italiana. Poi prega che le presunte confessioni rese note da fonte incerta a un quotidiano britannico non siano vere, promettendo un senso di vergogna prossimo venturo nel caso lo fossero. Infine rassicura Paese, amici e parenti che «i tre non saranno abbandonati».
Ancora più della repentina scomparsa dei riflessi garantisti, colpisce l’interpretazione data all’incarico ministeriale. Si commenta, si lanciano ipotesi suggestive, si prega che le notizie apparse su un giornale non siano vere. Ma davvero il nostro ministro degli Esteri si basa su notizie di stampa per determinare le azioni della nostra diplomazia? E può solo pregare, e non invece accertare (discretamente) i fatti usando la vasta rete di servitori dello Stato dispiegata all’estero? Tiriamo un sospiro di sollievo. Dopo quattro giorni passati a chiacchierare, ieri il Governo si è ricordato l’Abc delle proprie competenze e responsabilità.

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